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I timori per una escalation della guerra in Medio Oriente dopo l’attacco e il contrattacco tra Iran e Israele, l’attesa del taglio dei tassi di interesse da parte di BCE e FED, ma anche il rally dell’oro e del cacao e i dati oltre le attese sulla crescita dell’economia cinese. Mentre le tensioni geopolitiche peggiorano e si inasprisce pure l’aggressione russa in Ucraina, aumenta anche il nervosismo dei mercati.
Ecco quali sono i principali fatti che hanno influenzato l’economia nel mese di aprile.
L’atteso attacco dell’Iran contro Israele è arrivato, così come il contrattacco israeliano contro Teheran, facendo aumentare la tensione nel quadrante mediorientale. I mercati avevano anticipato in qualche modo l’annunciata rappresaglia iraniana, mostrando forte volatilità, con una corsa al rialzo dell’oro e del petrolio.
Ma quando è diventato chiaro che l’Iran non puntava a un’escalation dopo il lancio dei droni contro Israele che non ha provocato danni, a sorpresa il prezzo del petrolio ha reagito con un calo. Una situazione durata pochi giorni. Con la risposta israeliana contro l’Iran, petrolio e oro sono balzati di nuovo in alto. Ma i prezzi del greggio, dopo una fiammata iniziale, sono tornati ad assestarsi. Questo perché l’ampia riserva di materia prima potrebbe venire in soccorso anche in caso di interruzione dell’offerta, spiegano gli analisti. Anche l’ipotesi di sanzioni più rigide contro l’Iran, che comunque è stato cruciale per garantire forniture adeguate negli ultimi mesi, non sembra sollevare preoccupazioni. Uno dei fattori chiave resta anche il rallentamento della domanda.
Continua a salire invece il prezzo dell’oro. A riprova che le crescenti tensioni geopolitiche tra Iran e Israele sostengono la domanda del metallo come bene rifugio, e anche come copertura contro l’inflazione.
La Banca Centrale Europea ha mantenuto i tassi fermi, preparandosi però per il prossimo taglio. Nell’ultima riunione, il consiglio direttivo dell’Eurotower ha confermato il costo ufficiale del credito al 4% per i depositi presso la BCE e al 4,5% per le operazioni di rifinanziamento, con una decisione presa a larghissima maggioranza (ma non all’unanimità).
Il comunicato ufficiale anticipa le prossime mosse estive. Pur ricordando che “le pressioni interne sui prezzi sono forti e mantengono elevata l’inflazione dei servizi”, si danno alcune indicazioni che lasciano prevedere un taglio a giugno, come ampiamente atteso da mercati e analisti. La BCE, comunque, non aspetterà le decisioni della Banca centrale americana, che potrebbe rinviare il suo primo taglio. “Non dipendiamo dalla FED”, ha detto la presidente Christine Lagarde.
Le aspettative di un taglio dei tassi della Federal Reserve nel 2024 sono crollate dopo il terzo rapporto consecutivo sull’inflazione americana più alto del previsto. L’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 3,5% a marzo rispetto ai livelli dell’anno precedente, oltre le previsioni di un aumento del 3,4% e con un balzo rispetto al tasso di inflazione del 3,2% di febbraio.
L’inflazione americana superiore alle stime allontana quindi il momento del taglio dei tassi. I recenti dati sull’inflazione sono “deludenti”, serve maggior sicurezza sui progressi sull’inflazione “prima di tagliare i tassi d’interesse”, si legge nei verbali relativi all’incontro dell’organismo della Federal Reserve responsabile della politica monetaria degli Stati Uniti. I banchieri della FED hanno ribadito che i tassi dovranno restare alti, se i progressi sull’inflazione si fermeranno. Sembra quindi difficile un taglio entro giugno.
Nel primo trimestre del 2024, il Prodotto Interno Lordo della Cina è cresciuto del 5,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. È un dato che supera le aspettative degli analisti internazionali, che si attendevano una crescita intorno al 4,8-5%. Il dato sembra un primo segnale di ripresa della seconda economia mondiale, dopo un periodo di grave crisi. Ma è ancora presto per dirlo con certezza: nei dati di marzo, infatti, ci sono indicatori che non hanno soddisfatto le aspettative degli investitori, tra cui gli investimenti immobiliari, la produzione industriale e le vendite al dettaglio.
A inizio marzo il governo ha fissato per il 2024 l’obiettivo di far crescere il PIL del 5%, una soglia che gran parte degli analisti reputa troppo ambiziosa per le attuali condizioni dell’economia del Paese.
Nel mese di aprile, anche in coincidenza con la Pasqua cattolica e la maggiore richiesta di cioccolato, si è molto parlato del rally del prezzo del cacao, diventato ancora più prezioso del rame. I contratti futures hanno superato i diecimila dollari per tonnellata. In un solo mese, il prezzo del cacao è aumentato del 53,75%, mentre dall’inizio dell’anno ha accumulato un incremento di quasi il 130%.
La ragione principale del rally dei prezzi del cacao è attribuibile al calo dell’offerta da parte dei due maggiori produttori mondiali di questa materia prima: la Costa d’Avorio e il Ghana. Questi due Paesi africani, che insieme rappresentano circa il 70% della produzione mondiale, hanno ridotto le forniture a causa delle avverse condizioni meteorologiche che hanno danneggiato le coltivazioni, insieme alla diffusione di malattie e virus delle piante.
A questo si è aggiunta l’azione dei fondi speculativi. Il rialzo dei prezzi ha portato gli hedge fund a investire oltre 8 miliardi di dollari sui mercati di New York e Londra, contribuendo all’aumento record dei prezzi già determinato dai cattivi raccolti. Il trend in salita delle quotazioni del cacao sembra essere inarrestabile. Anche perché l’offerta non è destinata a salire.
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