Lo scorso novembre Narendra Modi ha provocato un terremoto economico in India. Ritirando improvvisamente dalla circolazione tutte le banconote da 500 e 1.000 rupie e concedendo alla popolazione solo un breve periodo di tempo per convertirle nei nuovi biglietti, il primo ministro indiano ha scatenato l’equivalente monetario di un evento sismico. Ma come accade spesso nelle catastrofi naturali, una volta superato lo shock iniziale, gli Indiani si sono rimessi in corsa adeguandosi alla nuova situazione. La ripresa è stata molto più rapida di quanto prevedesse la maggioranza degli esperti.
L’ultima volta che sono stato nel Paese, il mese scorso, l’economia sembrava quasi tornata alla normalità. I dati confermano la mia impressione. In dicembre, dopo la demonetizzazione, il nostro indicatore anticipatore dell’economia indiana registrava il calo mensile più marcato dal 1987, ma entro febbraio si era già normalizzato. Le vendite di auto hanno evidenziato un andamento analogo, con un crollo del 18% a/a in dicembre e un recupero dello 0,9% annuo a febbraio. A posteriori possiamo affermare che il trauma è stato forte ma di breve durata, un po’come il crollo seguito alla crisi finanziaria globale, che ha avuto anch’essa un effetto transitorio sull’India.
Il vigoroso rimbalzo dell’economia indiana dipende da come ha o non ha funzionato la demonetizzazione.
Uno degli obiettivi principali dell’iniziativa era sradicare l’evasione distruggendo la ricchezza accumulata grazie al mercato nero. In teoria, chi non era in grado di spiegare la provenienza del denaro non poteva convertirlo in nuove banconote. L’86% circa dei 253 miliardi di dollari del denaro circolante nell’economia, vale a dire 218 miliardi di dollari, era soggetto alla demonetizzazione. Dato che 1/5 o 1/4 di tale importo è probabilmente frutto del mercato nero, il potenziale di distruzione di ricchezza era notevole.
Tuttavia, il governo Modi sembra aver sottovalutato l’ingegnosità degli Indiani nell’eludere le regole. Alla fine quasi tutte le banconote sono state convertite o depositate, con il risultato che non c’è stata quasi nessuna distruzione di ricchezza, ma solo una certa redistribuzione, dato che qualcuno ha pagato per regolarizzare la propria situazione.
Nello stesso tempo, la Reserve Bank of India è riuscita a stampare nuovi biglietti a sufficienza, smentendo i timori che il Paese sarebbe rimasto a corto di contanti per parecchio tempo. La disponibilità di denaro liquido sembra tornata alla normalità. Personalmente non ho visto code ai bancomat, e solo uno o due sportelli sembravano sprovvisti di denaro.
Per altri versi, la riforma valutaria di Modi sta funzionando, dato che incentiva le transazioni digitali.
Sono stato a Mumbai, Bangalore, Chennai e Mysore sia per lavoro che in vacanza e ho riscontrato ovunque il tentativo di ridurre l’uso dei contanti, nel quadro del più ampio programma di governo contro l’evasione e la corruzione, che prevede fra l’altro la digitalizzazione di massa delle impronte e dell’iride degli Indiani per combattere furti e frodi a danno dello stato sociale.
Gli Indiani hanno a disposizione sempre più opzioni di pagamento digitale. Quasi tutte le banche stanno spingendo le operazioni con carte di credito tradizionali o di tipo mobile. Il governo ha lanciato Bharat QR, un QR code che consente di effettuare transazioni senza contanti.
Il sistema di pagamento più avanzato è Paytm, realizzato da un imprenditore indiano con un sostanziale finanziamento di Alibaba. È pubblicizzato ovunque e promosso con vantaggiosi incentivi, come il cashback. Recentemente Paytm ha ottenuto una licenza bancaria che l’autorizza a corrispondere ai clienti gli interessi sul loro saldo. Gli utenti aumentano rapidamente e il sistema sembra destinato a imporsi fra i commercianti al dettaglio. Il proprietario di un piccolo esercizio mi ha raccontato di aver dovuto aspettare molto per l’installazione di Paytm a causa delle tante richieste pervenute alla società. Per il momento, comunque, non ha ancora avuto un ritorno.
Naturalmente, la rivoluzione digitale è solo all’inizio e non riguarda gli ambulanti, che per lo più continuano a fare affari in contanti. Un venditore di snack mi ha confidato di non avere un conto in banca e di non sapere nulla di pagamenti digitali. Non è certo una sorpresa, dato che molti commercianti di strada hanno un fatturato dichiarato di nemmeno un dollaro. All’inizio hanno risentito della demonetizzazione, ma ora la situazione è tornata alla normalità, malgrado un contesto più volatile per gli articoli più costosi.
Secondo alcune fonti gli Indiani stanno usando le nuove banconote per evadere le tasse sulle operazioni immobiliari – storicamente, pagavano circa un quinto del prezzo di acquisto in contanti – anche se la debolezza del mercato real estate potrebbe indicare l’efficacia delle misure di Modi.
Nel complesso, al di là dei risultati contrastanti, la demonetizzazione sta aiutando Modi a ripulire l’economia indiana. Il corpo dei vigili, ad esempio, è notoriamente corrotto. Ora, però, dato l’obbligo sempre più frequente di riscuotere le sanzioni con sistemi di pagamento digitale, non è più così facile intascare i contanti. A Mysore ho visto che i vigili, invece di fermare i guidatori che avevano commesso un’infrazione, fotografavano le targhe dei veicoli per poi inviare automaticamente la multa ai proprietari.
Se non altro, la demonetizzazione ha aumentato la popolarità di Modi, in particolare fra il ceto medio, e l'opinione pubblica è convinta che le riforme avranno successo. Il premier è riuscito a ridare fiducia al Paese. Il suo partito politico, il BJP, ha riportato importanti vittorie alle recenti elezioni statali e Modi potrebbe quindi essere confermato primo ministro dopo le prossime consultazioni generali nel 2019, restando in carica fino al 2024.
Questo ottimismo deve ora tradursi in una crescita degli investimenti aziendali. La creazione di posti di lavoro è sotto la pari, mentre gran parte del capex si deve al governo. Da solo, lo Stato non può fare abbastanza per sostenere un’economia che dovrebbe crescere a un tasso annuo di circa il 7,5%. Ma anche in questo caso i segnali sono incoraggianti: gli Indiani investono sempre di più in azioni locali.
L’India ha ancora molta strada da fare, ma la demonetizzazione ha sicuramente ridotto l’uso del contante comprimendo 3-4 anni di sviluppo economico in 3-4 mesi e, con la registrazione digitale di un sempre maggior numero di transazioni, ha anche dato un colpo all’evasione fiscale. Il tentativo di riforma e di moralizzazione di Modi è destinato a dare i suoi frutti nel lungo periodo.
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