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Finanza Comportamentale

Guida all'emotività negli investimenti

Luglio 2018

Quando emotività ed errori cognitivi allontanano gli investimenti dalla razionalità spunta la finanza comportamentale. Ecco una breve guida per capire quali sono i fattori che incidono sugli investimenti.

Finanza e psicologia si sono scoperte sempre più intrecciate. Un legame a volte messo in discussione, o ai margini. Che però, negli ultimi anni, ha guadagnato spazio. Ecco che cos'è, come nasce e quali sono i cardini della finanza comportamentale.

La finanza comportamentale: una definizione

La finanza comportamentale è una branca degli studi economici che si concentra sugli effetti che i comportamenti psicologici hanno sui mercati.
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Fonte: Pictet AM Italia

Storia della finanza comportamentale

Il suo percorso è stato lungo e non privo di inconvenienti. Già Adam Smith e Jeremy Betham avevano parlato di elementi psicologici applicati alla finanza. Ma le loro teorie sono state accantonate a lungo, per poi riemergere negli anni '60. La consacrazione arriva con “Decision Making Under Risk”, testo del 1979 nel quale Amos Tversky e Daniel Kahneman utilizzano la psicologia cognitiva per spiegare alcune anomalie del mercato, come le bolle speculative.

Inefficienze di mercato

I mercati non seguono esclusivamente decisioni razionali. Quando si verifica questa condizione, si parla di “inefficienze”. Vanno dalle errate valutazioni dei prezzi alle anomalie sui ritorni degli investimenti, fino alla scoperta di processi decisionali emotivi o errati a livello cognitivo. Se le inefficienze del singolo si traducono nel comportamento di un'intera comunità, ecco allora il verificarsi di ripercussioni concrete sul mercato.

Emozioni ed errori cognitivi

A intaccare la razionalità sono le emozioni, come paura, avidità, insicurezza, che inducono a scelte irrazionali. Ma ci sono anche errori cognitivi. Cioè comportamenti razionali (quindi non dettati dall'emotività) ma comunque fallaci.

Bias

L'errore cognitivo è indotto dal cosiddetto bias, traducibile in italiano con il termine “pregiudizio”. Il bias condiziona le scelte finali e può essere di diversi tipi. Tra i più noti ci sono eccessivo ottimismo, overconfidence e illusione di controllo. L'eccessivo ottimismo porta l'investitore a sovrastimare i risultati positivi e sottostimare quelli negativi. L'overconfidence è l'eccessiva sicurezza in sé stessi. Può condurre a scelte inesatte perché dettate da una smisurata fiducia nelle proprie abilità. O a scelte istintive, guidate da un'eccesso di confidenza nel proprio intuito. L'illusione del controllo, infine, è il bias che nasce quando si sovrastima la propria capacità di governare tutte le variabili in gioco, dimenticando l'esistenza di condizioni che sfuggono alla propria disposizione, come la fortuna. 

Euristiche

Il termine indica regole empiriche che guidano le decisioni. Le scelte non sono quindi orientate dalla razionalità ma da proprie esperienze passate. Le euristiche sono all'origine di diversi bias. Come la rappresentatività (che si basa su stereotipi, luoghi comuni e analogie), la disponibilità (la scelta è fatta seguendo le informazioni più semplici da reperire, con il rischio di ascoltare solo i segnali “forti”), l'ancoraggio (a una benchmark), l'affetto (che indica la distorsione dettata dall'intuito).

Framing (inquadramento)

È un effetto distorsivo, che quindi allontana la scelta dall'ottimo razionale, basato sul modo in cui una decisione viene presentata. Questo concetto è un punto nodale della “teoria del prospetto”  di  Kahneman e Tversky.

Avversione alla perdita

La teoria del prospetto descrive, tra le altre cose, il fenomeno dell'avversione alla perdita. La necessità di tutelarsi spinge l'investitore a focalizzarsi più sull'eventuale perdita che sull'eventuale vincita. In un gioco in cui si ha il 50% di probabilità di vincere, chi rifiuta di giocare sta dando maggiore evidenza alla sconfitta. Anche se il calcolo delle probabilità è in pareggio. Diversi studi hanno dimostrato che, di solito, l'avversione al rischio è molto più forte rispetto alla propensione al guadagno. Allo stesso tempo, però, esiste il fenomeno dell'avversione alla perdita certa. La maggior parte degli individui è disposto a scommettere pur di ripianare una perdita. Anche se le probabilità di un esborso più elevato sono maggiori. Ad esempio: un giocatore ha perso 20 euro. Gli viene proposto di alzarsi dal tavolo oppure scommettere ancora. Ha l'80% di probabilità di perdere altri 15 euro e solo il 20% di ripianare il suo debito. La maggior parte delle persone sceglie questa seconda strada.  

Come contrastare gli effetti 

Riconoscere gli errori non vuol dire automaticamente correggere i propri comportamenti. Ecco perché contrastare le distorsioni dettate da emotività ed errori cognitivi è complesso. Per farlo, è utile tenere a mente la propria strategia d'investimento (cioè obiettivi e tempi) senza assecondare la volatilità, senza cedere all'euforia o al panico. E senza seguire quello che viene definito “effetto-gregge”.

PAC

Tra gli strumenti capaci di limitare l'impatto della distorsione ci sono i Piani di accumulo capitale (Pac). Si tratta di soluzioni basate su versamenti periodici, con un orizzonte temporale determinato. A intervalli regolari, l'investitore incrementa la cifra affidata in gestione. L'incremento graduale rimuove uno degli elementi più esposti alle distorsioni: il timing. Cioè il momento in cui si decide di investire. E, allo stesso tempo, rappresenta un parziale antidoto alle oscillazioni di mercato.