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Macroeconomia

Bitcoin e Kazakistan: cosa è accaduto e perché

Febbraio 2022

La crisi energetica che ha portato alle proteste nel Paese sarebbe dovuta all’aumento del fabbisogno interno legato all’estrazione di criptovalute.

Nelle prime settimane di gennaio 2022, in Kazakistan abbiamo assistito all’esplosione di proteste dei cittadini, scatenate dall’aumento dei prezzi dell’energia, che si è riverberato a cascata sulla crescita dei prezzi dei beni di consumo. Ma perché è accaduto?

Estrazione criptovalute: causa principale della crisi in Kazakistan

L’aumento dei prezzi dell’energia nell’ex repubblica sovietica sarebbe da attribuire anche alle politiche attuate nel Paese per attirare l’attività di estrazione (mining) di criptovalute, come Bitcoin ed Ethereum.

 

Nonostante il Kazakistan sia ricco di petrolio, classificandosi al 12esimo posto al mondo per produzione e al nono per esportazione, negli ultimi mesi il governo ha dovuto ricorrere all’importazione di energia dalla Russia. E il motivo sarebbe proprio la crisi energetica dovuta all’aumento del fabbisogno interno legato all’estrazione di criptovalute.

 

Per essere “estratte”, infatti, le criptovalute richiedono enormi quantitativi di energia a flusso continuo. Attirate dal basso prezzo dell’energia, negli ultimi anni molte società di mining si sarebbero infatti spostate in Kazakistan, di fatto drenando risorse energetiche al Paese.

 

Il Financial Times ha stimato che nel 2021 circa 88.000 società di questo tipo si sono spostate dalla Cina al Kazakistan. Queste attività avrebbero così portato all’aumento del consumo interno di energia, cresciuto dell’8% dal 2021, mentre di solito l’aumento medio annuo era intorno al 2%.

Quanto consuma il mining delle criptovalute

Il procedimento per emettere nuove criptovalute è chiamato mining, ovvero “estrazione”. In pratica, si tratta di un processo registrazione di nuove transazioni, identificate da serie numeriche che possono essere usate una sola volta.

Inizialmente, questi procedimenti erano effettuati da normali computer. Quando le transazioni sono aumentate e le società di mining hanno cominciato a farsi concorrenza tra loro, è diventato necessario creare un sistema di potenti processori connessi in modo da registrare quante più transazioni possibili.

 

Di qui il dispendio energetico. Secondo le stime più diffuse, i Bitcoin consumano 707 kilowattora per transazione, pari a 22 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica all’anno.

 

Non a caso, secondo uno studio pubblicato su Nature, le criptovalute potrebbero infatti contribuire all’aumento della temperatura media globale oltre la soglia di 1,5 gradi.