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Il buon inizio del 2019 per le economie dei Paesi emergenti è stato rovinato dalla guerra commerciale innescata dagli Stati Uniti. Non solo per le nuove tariffe imposte alla Cina. Ma a essere coinvolti sono stati anche Paesi come l’India e la Turchia che si sono uniti nello scontro con il presidente americano Donald Trump. A questo va aggiunto il fatto che l’escalation della guerra tecnologica, che vede coinvolta in primis Huawei, e le crescenti tensioni geopolitiche in Medio Oriente, in particolare tra Usa e Iran, stanno gettando un’ombra di incertezza sui mercati emergenti.
Tuttavia, diverse banche centrali hanno programmato già varie iniezioni di liquidità per far fronte ai rallentamenti dovuti alla guerra commerciale e alla scarsa crescita economica globale. India, Kazakistan, Russia e Ucraina hanno già iniziato a tagliare i tassi. E probabilmente lo stesso faranno altri Paesi come il Brasile e la Turchia. E gli istituti centrali che invece si stavano orientando verso un rialzo, come l’Ungheria e la Polonia, potrebbero ora rimanere in una situazione di stabilità nonostante l’aumento dell’inflazione.
Nonostante i tagli dei tassi, la maggior parte dei Paesi emergenti continuerà comunque ad avere tassi reali positivi. E, nonostante i negoziati Usa-Cina procedano a rilento, l’ipotesi più probabile è che si arriverà comunque a un accordo. Certo, c’è ancora il rischio che Trump possa avviare una guerra commerciale contro l’UE o sanzionare le società europee sul progetto Nord Stream 2. Se ciò accadesse, i maggiori perdenti sarebbero le economie dell’Europa centrale e orientale.
L’ipotesi è che, seguendo il trend globale, la crescita economica nei mercati emergenti dovrebbe continuare a rallentare nel 2019 rispetto al 2018, ma l’allentamento monetario fa intravedere miglioramenti nel 2020-21. E, data la stabilizzazione delle valute in molti mercati emergenti, l’inflazione accelerata dovrebbe poi calare ulteriormente.
Un altro fattore chiave è la posizione più accomodante della Fed, che ha offerto supporto alle asset class più rischiose, incluse quelle dei Paesi emergenti. Un atteggiamento “paziente”, come ha detto il governatore Jerome Powell, che dovrebbe perdurare a fronte del fatto che la crescita statunitense mostra ancora segni di rallentamento e di indebolimento dell’inflazione.
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