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Mercati

Prezzo del petrolio: la concorrenza al ribasso non fa paura ai Paesi OPEC

Luglio 2015

I costi di estrazione dei Paesi OPEC sono molto bassi. La competizione si gioca ora con lo shale oil americano i cui produttori stanno puntando ad abbattere tempi e costi.

Con l’abbassamento del prezzo del petrolio, tornato a scendere a luglio in coincidenza del crollo della Borsa cinese e la prospettiva di eliminazione delle sanzioni all’Iran, la domanda di idrocarburi è cresciuta in tutto il mondo. Anche se, secondo le ultime previsioni dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE), nel 2016 la richiesta di petrolio potrebbe rallentare. Dai +1,4 milioni di barili al giorno si passerà a +1,2 milioni di barili al giorno. Parallelamente, spiegano dall’AIE, la produzione dei Paesi non OPEC subirà una battuta d’arresto. Diverso sarà invece il comportamento dei Paesi OPEC del Medio Oriente, che secondo l’AIE continueranno ad alzare l’output di produzione, come accaduto finora, con una crescita di un milione di barili al giorno.
 

Il vantaggio competitivo dei Paesi OPEC

Come si vede dal grafico in basso, i Paesi del Medio Oriente hanno un vantaggio competitivo rispetto ai Paesi non OPEC. L’estrazione onshore mediorientale, con perforazione a terra, si aggira intorno a un costo medio di 29 $/ BOE (barrel of oil equivalent, ovvero "barile equivalente di petrolio"). È per questo che - nonostante il surplus di produzione mondiale e il ribasso dei prezzi del barile, tornati sotto i 60 dollari - i Paesi OPEC continuano ad aumentare la produzione.

La competizione con lo shale oil

La competizione sul prezzo, insomma, al momento non sembra disturbare i grandi produttori mediorientali, pronti a giocarsela anche con l’Iran, una volta che i barili di petrolio di Teheran potranno tornare sul mercato. 

A subire la concorrenza mediorientale sono soprattutto i nuovi produttori americani di shale oil, che stanno lavorando per ridurre fino a un terzo i costi di estrazione, da una media di 60 a 20-25 dollari. Il deprezzamento del petrolio e la contrazione dei produttori americani non hanno infatti bloccato negli ultimi mesi la produzione americana, che ha puntato sullo shale oil. Dal 2008, grazie alla rivoluzione dello shale, la produzione a stelle e strisce è quasi raddoppiata, superando i 9 milioni di barili al giorno. Per combattere la concorrenza mediorientale, i produttori di shale hanno puntato proprio ad abbattere i tempi per avviare i pozzi e sperimentato il re-fracking, cioè la possibilità di eseguire più estrazioni dallo stesso pozzo.

Gli altri produttori

I costi più alti, come si vede dal grafico, restano quelli di estrazione nell’Artico e quelli delle sabbie bituminose, con un prezzo medio di produzione di 75-80 $ / BOE, ben oltre il prezzo attuale. Fatta eccezione per le estrazioni mediorientali, la tipologia estrattiva più economica resta l’offshore: le perforazioni a mare sono ancora più convenienti rispetto alle innovazioni americane e canadesi dell’ultra-deepwater (55-60 dollari/boe), deepwater (50-55 dollari/boe) e offshore shelf oil (40-45 dollari/boe).

Le previsioni per il 2016

In base ai dati AIE, la crescita della domanda globale di petrolio ha raggiunto il picco nel primo trimestre del 2015 con un progresso di 1,8 milioni di barili al giorno e continuerà a restare stabile per il resto dell’anno, subendo però una contrazione nel 2016. La produzione di petrolio risentirà sicuramente delle oscillazioni della domanda. Ma se anche si ipotizzasse una crescita costante della domanda, non si riuscirà a breve termine a coprire il surplus di produzione di petrolio e a riequilibrare il mercato. Soprattutto se l’Iran immetterà di nuovo nel mercato i suoi barili di petrolio.