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Banche Centrali

Riparte il QE, tra voti contrari e richieste di politiche di spesa ai singoli Stati

Ottobre 2019

La manovra di Draghi è stata avversata da alcuni membri del board della BCE. C’è chi teme che questa mossa non avrà grandi effetti se i Paesi europei non avvieranno politiche di spesa mirate al sostegno della ripresa.

La nuova parola d’ordine dalle parti di Francoforte è ultraespansione. Con la riunione di settembre, Mario Draghi ha rilanciato tutte le armi di politica monetaria a disposizione della BCE: altro taglio ai tassi, scesi al -0,50%, Tltro più ampio e flessibile e soprattutto un nuovo Quantitative Easing da 20 miliardi al mese.

Il bazooka ripartirà dal 1 novembre

Si sa quando partirà ma non quando finirà. Il QE sarà attivo dal 1 novembre e, come ha affermato il Presidente della BCE, rimarrà in piedi per tutto il tempo che servirà “a rinforzare l’impatto dei tassi e fino a poco prima l’inizio del rialzo”. In sostanza Francoforte potrà continuare a reinvestire al 100% i titoli in scadenza e si stopperà soltanto quando le aspettative dell’inflazione si aggireranno intorno al 2%. Se guardiamo alle proiezioni della BCE, per il 2019 l’inflazione dovrebbe fissarsi all’1,2%, dovrebbe scendere all’1% nel 2020 per poi risalire all’1,5% nel 2021.

Quel parere negativo di alcuni membri del Board della BCE

Come si può leggere nelle minute della BCE, alcuni esponenti si sono mostrati contrari al QE segnalando una possibile inefficienza di questo strumento con gli attuali rendimenti già molto bassi. Alcuni di loro hanno fatto notare che rendere potenzialmente infinito il QE “potrebbe indurre la banca centrale ad effettuare, in futuro, acquisti di asset per un valore superiore”. Una situazione che potrebbe “creare problemi”. Come ha confermato anche Reuters, oltre un terzo dei consiglieri si è opposto a un nuovo programma di acquisto di obbligazioni, compresi i banchieri centrali di Francia e Germania.

Una notizia positiva proviene da alcuni governi come quelli di Germania, Svezia, Finlandia, Paesi Bassi che hanno già annunciato piani di spesa mirati per supportare la ripresa economica, mentre i Paesi che ne avrebbero più bisogno, quelli del sud Europa tra i quali l’Italia, sono ancora fermi.