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Rimandata la fine della tregua nella battaglia dei dazi con gli Stai Uniti, Pechino e Washington proseguono le trattative verso una parziale pacificazione commerciale. Nel frattempo, la Cina deve fare i conti con il persistente rallentamento: martedì 5 marzo, all’apertura del Congresso del partito, il presidente Xi Jimping ha fissato le aspettative per la crescita del Paese nel 2019 tra il 6% e il 6,5%. Se si dovesse concretizzare lo scenario meno brillante, si tratterebbe del tasso di crescita più basso degli ultimi trent'anni. Un'eventualità che Xi sta cercando di evitare con misure di stimolo monetario e fiscale. Nel frattempo, il presidente cinese ha viaggiato in Francia e Italia. Con Palazzo Chigi ha firmato il memorandum d'intesa sulla Nuova via della seta, la Belt & Road Initiative. L'Italia è stato il primo Paese del G7 a sottoscrivere l'accordo bilaterale, attirando le proteste degli Stati Uniti: Il segretario di Stato Mike Pompeo si è detto “deluso”.
Gli Stati Uniti hanno pubblicato, con un mese di ritardo a causa dello shutdown, il dato sulla crescita del Pil nell'ultimo trimestre del 2018: il progresso del 2,6% è andato oltre le attese (che erano al 2,2%). Nonostante confermi il rallentamento, è comunque un segnale di solidità che – unito al dato dell'inflazione (0,2% mensile) – ha portato la Fed ad ammorbidire ulteriormente la propria posizione. I toni accomodanti usati dal presidente della banca centrale statunitense Powel, con riferimento alla massima prudenza, sono stati confermati il 20 marzo: la Fed ha mantenuto i tassi invariati e annunciato che il programma di riduzione del bilancio subirà un rallentamento a maggio prima di vedere la fine a settembre.
Il 29 marzo sarebbe dovuto essere il giorno dell'addio del Regno Unito all'Ue. Invece il parlamento britannico è alle prese con una profonda crisi istituzionale. Il 12 marzo ha rigettato nuovamente l’accordo che il primo ministro Theresa May aveva siglato con Bruxelles. E il giorno successivo ha rifiutato l’uscita dall’Unione Europea senza accordo (il cosiddetto no-deal), mettendo di fatto May in un vicolo cieco che l'ha portata a proporre le dimissioni pur di raggiungere un accordo. I leader europei hanno concesso altro tempo per cercare la quadra. May deve raggiungere un accordo entro il 12 aprile, per completare poi la Brexit entro il 22 maggio. Con, sullo sfondo, ancora ben presente, l'ipotesi del no-deal.
L'Istat ha comunicato il dato ufficiale sulla crescita del Pil italiano nel quarto trimestre del 2018: nonostante un miglioramento rispetto alla prima stima, il dato resta negativo (-0,1%) e sancisce definitivamente la recessione tecnica dell’economia italiana, cioè un calo congiunturale per due trimestri consecutivi. In controtendenza è invece arrivato il brillante risultato della produzione industriale: dopo quattro mesi di calo, c'è stato un progresso dell'1,7%, ben al di là delle aspettative che indicavano un passo avanti molto più contenuto (+0,2%).
Fiducia dei consumatori in miglioramento ma inferiore alle aspettative, inflazione sotto controllo (1,5% sull’anno) e soprattutto un deterioramento delle stime di crescita: è questo lo scenario dell'Eurozona a marzo. La Bce ha abbassato le aspettative di crescita per il 2019 all’1,1%. Una correzione notevole rispetto a soli tre mesi fa, quando stimava un progresso dell'1,7%. Oltre a lasciare inalterati i tassi di riferimento (come atteso), la contromossa di Mario Draghi è stata il varo di una nuova tranche di finanziamenti a condizioni vantaggiose per le banche dell'eurozona (TLTRO). L’obiettivo è quello di favorire la trasmissione di liquidità al settore privato.
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