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Mercati

Pictet Fiver: i 5 fatti economici di Marzo 2022

Marzo 2022

I cinque principali fatti di economia e finanza del mese raccontati in breve.

L’aggressione russa in Ucraina cominciata il 24 febbraio continua a dominare l’attenzione dei mercati, tra il fronte della battaglia, le sanzioni imposte alla Russia dall’Occidente e le mosse geopolitiche delle altre potenze coinvolte nei negoziati. Forti tensioni si registrano per il rialzo dei prezzi delle materie prime, non solo energetiche ma anche alimentari. Mentre l’Europa, e l’Italia in particolare, fa i conti con le conseguenze delle sanzioni economiche. Sul fronte delle decisioni di politica monetaria, invece, la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea si muovono su strade diverse, poiché la guerra in Ucraina ha effetti differenti sulle economie americana ed europea. 

1. Guerra economica e nuove sanzioni alla Russia

Mentre gli attacchi russi in Ucraina non si fermano e i negoziati procedono in salita, nel corso del mese di marzo sono state decise nuove e crescenti sanzioni economiche ai danni di Mosca, nel tentativo di rispondere alla guerra militare con una guerra economica.

 

Non solo l’Europa, gli Stati Uniti e i partner della NATO, ma anche Paesi come Giappone e Australia hanno deciso nuove sanzioni. L’UE ha imposto un quarto pacchetto di sanzioni e altre “robuste” ripercussioni economiche ai danni di Mosca sono state annunciate dopo il Consiglio Europeo del 24 e 25 marzo. I Paesi occidentali hanno congelato i beni della Banca Centrale russa, in modo da impedirle di usare gli oltre 630 miliardi di dollari di riserve in valuta estera, e le principali istituzioni finanziarie russe sono state escluse dal sistema di pagamento SWIFT.

 

L’Unione Europea ha inoltre introdotto restrizioni commerciali per i beni di lusso e i prodotti siderurgici. Gli Stati Uniti hanno anche deciso di vietare le importazioni di petrolio e gas russo, mentre il Regno Unito ridurrà il greggio di Mosca gradualmente fino a eliminarlo entro il 2022.

 

Sul fronte energetico, invece, l’Europa si è impegnata informalmente – nel corso degli ultimi vertici G7 e NATO alla presenza del presidente americano Joe Biden – a mettere al bando le fonti energetiche russe entro maggio. Nel frattempo, il Vecchio Continente tenta la diversificazione delle fonti energetiche, ma non ha raggiunto un accordo sul tetto al prezzo del gas. Europa e USA hanno raggiunto un accordo secondo cui Washington assicurerà alla UE 15 miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi all’anno.

2. Le conseguenze della guerra sulla borsa e sull’economia russa

Dopo 24 giorni di stop, la Borsa di Mosca ha riaperto solo parzialmente le contrattazioni, limitandole ai bond governativi, mentre resta lo stop per le azioni. Mosca ha annunciato che pagherà la tranche di debito pubblico da 117 milioni di dollari. Fino al 15 aprile, la Russia ha un periodo di grazia di 30 giorni per adempiere ai propri obblighi: se entro quella data il Paese risulta inadempiente, sarà stabilito il default sul debito estero. Ma a fine marzo – secondo il database di Bloomberg – la Russia dovrà saldare altri 615 milioni di dollari. E a inizio aprile è previsto un ulteriore rimborso di un bond da 2 miliardi di dollari. Ecco perché tutte le principali agenzie di rating sostengono che la Russia sia sull’orlo del default.

 

Il rating del debito russo in valuta estera a lungo termine è stato declassato da Standard & Poor’s da CCC- a CC. Il presidente russo Vladimir Putin, per aggirare le sanzioni, ha annunciato che il gas esportato dovrà essere pagato in rubli dai Paesi considerati “ostili”, ovvero quelli che hanno imposto le sanzioni. Una mossa che serve a rafforzare il valore della moneta russa, che ha dimezzato il suo valore rispetto all’euro. L’annuncio ha fatto recuperare la valuta di Mosca, ma diversi capi di Stato e di governo hanno già anticipato che non pagheranno il gas in rubli, definendola una violazione contrattuale.

3. L’aumento dei prezzi di energia e materie prime

Il conflitto in corso ha portato a una ulteriore impennata dei prezzi delle materie prime, comprese quelle alimentari. L’energia è il primo fronte in tensione. Nonostante il calo del prezzo del petrolio nella seconda metà di marzo, spinto da una apertura dell’OPEC a un aumento dell’offerta, resta alta la volatilità sul greggio. Il prezzo del gas, dopo aver raggiunto i massimi, ha cominciato a calare davanti agli impegni dei leader europei di ridurre la dipendenza dal metano russo.

 

Grano e mais continuano a macinare record di prezzo, anche a causa dei costi dell’energia e del petrolio, che pesano sulla produzione e sui trasporti. Ucraina e Russia garantiscono infatti 100 milioni di tonnellate di frumento l’anno, circa un quarto del totale a livello globale. La guerra in corso frena le esportazioni e fa salire i costi, pesando soprattutto sui Paesi più poveri che rischiano una crisi alimentare.

4. Le mosse delle Banche Centrali

La FED ha alzato i tassi d’interesse di 25 punti base, portandoli allo 0,25-0,50 per cento. È il primo rialzo dal 2018, deciso per arginare l’inflazione ai massimi degli ultimi 40 anni. La Banca Centrale Statunitense ha inoltre indicato che ci saranno altri rialzi dei tassi e in una prossima riunione saranno anche decise riduzioni sull’acquisto dei titoli.

 

Differente invece il percorso della Banca Centrale Europea, che pochi giorni prima aveva annunciato di non avere fretta di aumentare i tassi ai minimi storici. Come ha spiegato la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, la guerra in Ucraina ha effetti molto diversi sulle due economie USA e Ue, che già si trovavano in una posizione diversa nel ciclo economico, anche prima dell’aggressione russa. L’aumento dei costi energetici ha già spinto l’inflazione della zona euro al livello record del 5,9%, che potrebbe salire fino al 7% nei prossimi mesi. Con un aumento dei prezzi dei generi alimentari, l’inflazione in salita ridurrà il potere d’acquisto, motivo per cui la BCE ha ridotto le sue proiezioni di crescita. Il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni ha già detto che la previsione di crescita del 4% per la zona euro non è più “realistica”.

5. Il rallentamento dell’economia cinese

La Cina ha annunciato i suoi obiettivi economici per il 2022, abbassando al 5,5% l’obiettivo annuale di crescita del PIL. È la più bassa previsione di crescita dal 1991, dovuta alla crisi immobiliare e agli aumenti dei prezzi di gas e petrolio, ma anche alle nuove norme introdotte ai danni delle grandi società tecnologiche. E la guerra in Ucraina, se da una parte può rendere la Russia più dipendente economicamente dalla Cina, dall’altra rischia di tagliare del tutto i legami di Pechino con l’Occidente. Ecco perché, pur astenendosi dalla condanna all’aggressione russa nel corso dell’assemblea generale delle Nazioni Unite, la Cina ha chiesto un immediato cessate il fuoco. “Gli Stati Uniti e la Nato dovrebbero dialogare con la Russia”, ha detto Xi Jinping, che però ha espresso rammarico per “le sanzioni a tutto tondo e indiscriminate” che possono innescare “una grave crisi nell’economia globale, nel commercio, nella finanza, nell’energia, nell’alimentazione, nella filiera industriale, peggiorando ulteriormente la già problematica situazione economica mondiale”. Xi ha ricordato che “le relazioni tra Cina e Stati Uniti non hanno ancora superato le difficoltà”, viste le sanzioni ancora in vigore. Che però potrebbero essere inasprite, come ha avvertito Biden, nel caso di un appoggio di Pechino a Mosca.