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L'espansione del coronavirus ha monopolizzato l'attenzione dei mercati. Il suo impatto resta incerto, ma le stime si stanno facendo sempre più cupe e i governi e le Banche Centrali stanno intervenendo con un vigore senza precedenti.
A inizio marzo, l’Ocse ha pubblicato le consuete previsioni per l’economia globale. Visti i tempi dell'analisi, con l'epidemia di coronavirus concentrata in Cina e da poco affacciatasi in Europa, l'organizzazione stimava che, a causa del COVID-19, la crescita globale avrebbe subito un rallentamento dello 0,5%. A fine marzo, però, con la pandemia ormai riconosciuta e i blocchi economici imposti in diversi Paesi, un intervento del segretario generale, Angel Gurria, ha corretto il tiro: “I costi elevati per una risposta da parte delle autorità sanitarie pubbliche sono necessari per evitare conseguenze molto più tragiche e un impatto ancora peggiore sulle nostre economie”. Non è una stima ufficiale, ma le parole di Gurria sottolineano quanto la portata iniziale del virus e le sue conseguenze economico-finanziarie fossero state sottostimate.
Marzo è stato il mese dei decreti. Prima quelli che hanno limitato gli spostamenti in alcune aree, poi l'allargamento a tutto il territorio nazionale di misure sempre più restrittive, sia per la circolazione delle persone sia per le attività economiche: restano aperte solo quelle ritenute essenziali. Un intervento così massiccio ha richiesto un decreto focalizzato sul sostegno alla sanità, alle imprese e ai lavoratori. Il cosiddetto “Cura Italia” è arrivato il 17 marzo, con uno stanziamento di 25 miliardi di euro, non lontano quindi dalla portata di una finanziaria. Cassa integrazione estesa e semplificata, aiuti ai settori più colpiti e bonus per gli autonomi sono alcune delle misure approvate al momento. Arriverà, infatti, un secondo decreto, attorno alla metà di aprile, con uno stanziamento non inferiore a quello di marzo.
Davanti all'emergenza, le Banche Centrali hanno reagito. Dopo un'incauta affermazione (seconda la quale la BCE non avrebbe tra le proprie priorità quella di ridurre lo spread dei Paesi più esposti), la presidente Christine Lagarde ha sfoderato le armi dell'Eurotower: via a un programma di acquisto per 750 miliardi e alla rimozione del limite del 33% per l'acquisto di titoli sui mercati. Una traduzione in cifre delle parole pronunciate da Lagarde: “Nessun limite all'impegno verso l'euro”. Una formula molto simile all'ormai celebre “whatever it takes” di Mario Draghi. Sempre nel tentativo di limitare l'impatto del coronavirus, la BoE ha tagliato i tassi allo 0,1% e incrementato di 200 miliardi di sterline il proprio programma di acquisto, portandolo a 645 miliardi di sterline. La Fed ha fatto scattare un quantitative easing illimitato. Una misura alla quale non era arrivata neppure durante la crisi dei mutui subprime.
Poco prima dell'arrivo del coronavirus in Nord America e durante la sua rapida diffusione si è consumata la corsa delle primarie democratiche. Il super tuesday del 3 marzo, il giorno di maggiore affollamento di Stati americani, ha sancito il successo di Joe Biden, confermato poi in Arizona, Florida e Illinois. L'attenzione si è poi spostata sull'epidemia. Formalmente, resta in corso ancora Bernie Sanders. Ma tra il vice di Obama e la sfida a Donald Trump nelle presidenziali 2020 non sembrano esserci avversari.
Meno movimenti, meno consumi: uno degli effetti collaterali del coronavirus si vede sul prezzo del petrolio. Il mondo ne brucia meno. E così, il prezzo del Wti (che ha più che dimezzato il proprio valore in un mese) è sceso sotto i 20 dollari e quello del Brend è rimasto poco oltre questa soglia. Senza consumo, le raffinerie chiudono e lo spazio per stoccare i barili estratti va esaurendosi. Il passo successivo è quindi rallentare o fermare le trivelle. Con una controindicazione: nel momento in cui si ripartirà, le scorte potrebbero non essere sufficienti all'impennata della domanda.
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