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Economia e finanza

Pictet Fiver: i cinque fatti economici di Settembre 2020

Settembre 2020

I cinque principali fatti di economia e finanza del mese raccontati in breve.

La crisi sanitaria e il timore di nuove ondate di contagi sono sempre presenti sui tavoli economici globali. E le ripercussioni su Pil, inflazione e posti di lavoro sono un fattore che condiziona l'attività di governi e banche centrali. Non mancano però alcuni segnali positivi. Non si può parlare ancora di ripresa, ma quantomeno di arresto della caduta.

1. Economia italiana

Standard & Poor ha rivisto la stima sul Pil italiano nel 2020: il calo dovrebbe essere dell'8,9%. Meglio del -9,5% indicato in precedenza. A cascata, diventa più vigoroso il rimbalzo previsto per il 2021 (da +5,3% a +6,4%). L'Istat ha certificato la profonda caduta del prodotto interno lordo nel secondo trimestre, sottolineando però “estesi segnali di ripresa emersi, da maggio, per la produzione industriale e da giugno per i nuovi ordinativi della manifattura e per le esportazioni”. Niente entusiasmi: c'è ancora molto da recuperare, con un occhio all'epidemia e uno alle condizioni delle imprese. L'occupazione ha retto grazie al blocco dei licenziamenti. Che prima o poi dovrà essere rimosso.  

2. Recovery Fund, le linee guida dell'Italia

Nella ripartenza economica giocherà un ruolo cruciale il Recovery Fund e – ancor di più – la strategia che ogni singolo Paese dovrà mettere in campo per utilizzare in modo efficace le risorse europee. L'Italia non ha ancora indicato i particolari del proprio piano, ma ha individuato le linee guida da adottare e gli obiettivi verso cui tendere: raddoppiare il tasso medio di crescita dell’economia italiana, portandolo quantomeno in linea con la media Ue (1,6%); aumentare gli investimenti pubblici per portarli almeno al 3% del Pil; portare la spesa per Ricerca e Sviluppo al di sopra della media Ue (cioè passare dall'attuale 1,3% a oltre il 2%); incrementare il tasso di occupazione di dieci punti percentuali; ridurre i divari territoriali; abbattere l’incidenza; promuovere filiere agroalimentari sostenibili e combattere gli sprechi alimentari.

3. La BCE e le incognite COVID-19

Al Recovery Fund guarda anche la BCE. La presidente Christine Lagarde ha sottolineato quanto sia importante che i fondi siano usati “non solo in tempo ma anche in modo da aumentare la crescita a lungo termine e sostenere gli obiettivi europei”. La pandemia continua a premere sull'economia. E la BCE “resta pronta ad adeguare i suoi strumenti, in modo appropriato, per assicurare che l'inflazione vada verso l'obiettivo in modo sostenuto, in linea con il suo impegno alla simmetria”. Lagarde ha anche rivendicato quanto fatto fino ad ora proprio per sostenere l'economia nella fase più nera della crisi. Le misure di politica monetaria prese da marzo, ha affermato, “hanno fornito sostegno cruciale”.

4. Fed, la nuova inflazione

La Fed ha adottato una nuova strategia, che impone di raggiungere e mantenere nel tempo un tasso d'inflazione al 2%. Significa che questa soglia non va solo toccata ma può essere anche superata. Un atteggiamento meno prudente, che di fatto – visto il quadro attuale – delinea la condotta della Banca Centrale Usa per i prossimi anni. Fino a quando non sarà raggiunto l'obiettivo, infatti, i tassi resteranno a livello attuale (0-0,25%) e gli acquisti di titoli proseguiranno ai ritmi attuali di 80 miliardi di dollari al mese ancor più a lungo. Significa conservare una politica espansiva almeno fino al 2022-2023.

5. Cina-USA, la tensione continua

Continuano le bordate tra Cina e Stati Uniti. Il tema più attuale è quello di TikTok. L'app di proprietà cinese è stata bloccata in attesa di un’acquisizione Made in USA. Ma il divieto è stato sospeso dalla magistratura americana. Pechino ha risposto con la minaccia che alcune società tecnologiche americane potrebbero essere oggetto di sbarramenti: una sorta di lista nera, sulla stessa linea adottata da Trump nei confronti di Huawei. La tensione è stata tale da portare alle dimissioni di Terry Branstad, ambasciatore americano in Cina. Le ragioni della decisione, che arriva a pochi mesi dalle elezioni presidenziali, non sono state rese note. Ma di certo Branstad – nominato tre anni fa anche per un presunto rapporto personale con Xi Jinping – si è ritrovato a gestire un periodo complesso, che non accenna ad acquietarsi.