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La Federal Reserve, come atteso, ha lasciato invariati i tassi d'interesse. Secondo la Fed non è ancora il momento di stringere i lacci allentati per contrastare gli effetti negativi della pandemia sull'economia statunitense. Dopo la riunione del Fomc, il braccio di politica monetaria della Banca Centrale Usa, ha però aperto (anche in questo caso rispettando le previsioni) alla riduzione degli acquisti di asset: il tapering potrebbe quindi iniziare già a novembre, con un aumento dei tassi nel 2022. Una roadmap che non ha allarmato i mercati, anche perché ipotizzata.
Sul rialzo dei tassi è stata ancora più rassicurante Christine Lagarde, presidente della BCE. All'ipotesi di una stretta nel 2023, ha risposto con un perentorio “assolutamente no”. Non s'intravedono rialzi, quindi, ancora per tanto tempo.
Il tema inflazione resta nell'agenda finanziaria. Nel bollettino mensile della BCE, gli analisti di Francoforte hanno rivisto al rialzo le stime inflazionistiche dell'area euro: il tasso annuo dovrebbe essere del 2,2% nel 2021, dell'1,7% nel 2022 e dell'1,5% nel 2023. Nonostante le previsioni abbiano sforato per la prima volta il tetto del 2%, la Banca Centrale Europea non è allarmata. Da mesi, BCE e Fed continuano a battezzare la risalita come una fiammata, che dovrebbe acquietarsi con una normalizzazione economica post-pandemia. Niente misure ad hoc, quindi. Anche perché, come ha affermato Lagarde: “L'economia dell'area euro si è allontanata dal baratro, ma non è ancora fuori pericolo”. Una stretta per limitare l'inflazione potrebbe penalizzare la crescita.
Il mondo sta attraversando una “ripresa vigorosa” ma con “progressi diseguali”. Lo ha affermato l'OCSE. La ripresa ha riportato il PIL oltre il livello pre-Covid. Ma questo non vuol dire che l'impatto del virus sia stato neutralizzato: a metà del 2021, la produzione mondiale accusava un ritardo del 3,5% rispetto alle stime pre-pandemia.
L'area euro continua a crescere, tanto che il bollettino economico della BCE ha migliorato (portandola al 5%) la stima di crescita per il 2021. Stabili al 4,6% e al 2,1% quelle per il 2022 e il 2023. Sulle aspettative pesano ancora le preoccupazioni sull'impatto della variante Delta.
Gli Stati Uniti hanno ridotto le previsioni di crescita 2021 dal 7% dal 6,5%, conservando però quella del 2022 al 5,3%. Sembra quindi trattarsi di un rallentamento fisiologico, che non dovrebbe lasciare strascichi.
La crisi di Evergrande, gigante cinese dell'immobiliare (e non solo) è deflagrata. La società è stata grande protagonista della crescita edilizia, ma il rallentamento del settore e gli investimenti ciclopici oltre il proprio perimetro tradizionale hanno portato la compagnia in crisi di liquidità. La successione ravvicinata delle scadenze potrebbe portarla al collasso. Fitch ne ha tagliato il rating da CC a C, a un gradino dal default. Non sono ancora chiari i possibili effetti sistemici di un eventuale crollo. Per i più pessimisti, la portata potrebbe essere globale. Per la maggior parte degli osservatori, l'impatto sarebbe più circoscritto. Colpirebbe la Cina e potrebbe incentivare la volatilità, ma molte istituzioni occidentali (comprese Fed e BCE) hanno sottolineato come l'esposizione di Usa ed Europa nei confronti di Evergrande sia contenuta.
Non è un evento con un legame diretto con i mercati, ma riguarda una figura istituzionale che spesso – con le sue decisioni – ha mosso gli indici. Impossibile non menzionare tra gli eventi del mese il passo indietro di Angela Merkel. Anche se resterà ufficialmente in carica fino alla costituzione del nuovo governo, il voto federale tedesco del 26 settembre ha di fatto sancito quanto già annunciato: dopo 16 anni, Merkel non sarà più Cancelliera. Eletta per la prima volta nel 2005, è stata la donna forte non solo della politica tedesca ma anche europea. Una longevità che non ha eguali recenti: durante l'era Merkel sono passati otto presidenti del Consiglio italiani, quattro presidenti Usa, tre presidenti della Commissione Ue e due Papi.
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