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Sostenibilità ambientale

Allarme plastica: la situazione attuale dalla Cina al Mediterraneo

Giugno 2019

I fiumi asiatici sono responsabili per l’86% dei rifiuti di plastica negli oceani ma il Mediterraneo “vale” il 7% delle microplastiche della Terra. Di questo passo nel 2050 la plastica nell’oceano peserà più dei pesci.

Sono tra i 9 e 13 milioni le tonnellate di plastica che ogni anno vengono riversate negli oceani, causando la morte di oltre un milione di uccelli e 100 mila mammiferi marini. Secondo alcuni studi, se l’uomo continua di questo passo, nel 2050 la plastica negli oceani peserà più dei pesci che ci vivono. Il problema principale è che, anche volendo, avremmo difficoltà a recuperare queste isole di plastica, dal momento che soltanto 250 mila tonnellate affiorano in superficie.

I cimiteri marini della plastica

Molti studi internazionali presentati alla European Geosciences Union a Vienna hanno affrontato questo problema e hanno evidenziato come la plastica nell’acqua venga degradata dall’erosione, dai raggi UV e dai microbi, che ne modificano la densità e la spingono verso i fondali attraverso le correnti. Secondo uno studio dell’Università di Newcastle, si starebbero creando accumuli di plastica di tre diversi tipi di densità a migliaia di metri di profondità nel Mediterraneo, nell’Oceano Indiano e nelle zone del Sudest asiatico. Sono quindi i fondali e le fosse oceaniche a risentirne di più, con le microplastiche che finiscono inghiottite dalla fauna anche a grandi profondità. Eppure, nonostante la maggior parte della plastica sia invisibile, la Nasa ha dimostrato come negli ultimi 35 anni si siano formati 5 giganteschi agglomerati di plastica, tanto che il più grande di questi si è meritato due nomi: Great Pacific Garbage Patch e Pacific Trash Vortex.

Boom di app e di inquinamento, la triste storia cinese del food delivery

Sembra incredibile, ma in Cina gli imballaggi di plastica delle consegne di cibo a domicilio, dai sacchetti alle forchette, hanno raggiunto la cifra record 1,6 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno. Lo racconta il New York Times, che spiega come il boom del food delivery nel colosso asiatico sia un business da circa 70 miliardi di dollari secondo un’analisi di iResearch del 2018. Circa il quadruplo degli Stati Uniti, dove il giro d’affari di questo settore vale 19 miliardi di dollari. Ma l’equilibrio è ancor più precario se guardiamo alla capacità di smaltimento di questi rifiuti: Pechino non ha le strutture necessarie e infatti la plastica finisce in discariche a cielo aperto o, ancor peggio, nei fiumi e nei mari.

Dall’Asia all’Europa il nemico è sempre lo stesso

Secondo alcuni ricercatori, solo nel 2015 nello Yangtze sono state versate 367 mila tonnellate di scarti di plastica, rendendolo il primo corso d’acqua al mondo in questa triste classifica. Non è un caso infatti che l’86% dei rifiuti di plastica entrino negli oceani dai fiumi asiatici, per il 7,8% da quelli africani e per il 4,8% da quelli sudamericani, mentre i più “virtuosi” sono quelli nordamericani ed europei. Eppure, secondo le analisi degli scienziati, il Mediterraneo “vanta” il 7% della microplastica mondiale nonostante contenga soltanto l’1% dell’acqua terrestre. Essendo un mare chiuso la plastica versata nei decenni si accumula e non viene trascinata nell’Atlantico dalla corrente, stratificandosi sempre di più. A livello di microplastiche le zone tra il Mar Ligure e l’Isola d’Elba sono tra le più colpite. E per il momento sembra difficile trovare una via d’uscita.