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Sostenibilità ambientale

Perché il COP26 del 2021 è un evento chiave per il futuro del Pianeta

Ottobre 2021

Per evitare una catastrofe climatica, ai 200 Paesi partecipanti verrà chiesto di impegnarsi a rispettare l’Accordo di Parigi del 2015, che prevede di mantenere l’aumento delle temperature sotto i 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali e, se possibile, non oltre 1.5 gradi.

Il pre-COP26 di Milano è stato il primo esame per misurare lo stato di salute degli accordi sull’ambiente e il cambiamento climatico dopo due anni di stop dovuti al COVID-19. Ma nonostante una realtà politica che fatica a mettere d’accordo tutti i Paesi del mondo, la COP26 che si terrà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre si presenta come un evento chiave per il futuro del Pianeta.

La posta in gioco

Convocata nel 2020, ma slittata a causa della pandemia, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è l’appuntamento più atteso per spingere i governi a contrastare il riscaldamento globale. In questi anni, la sensibilità circa le questioni ambientali è cresciuta. Dagli Stati Uniti all’Europa, fino alla Cina, sulla carta sono stati assunti impegni importanti per la decarbonizzazione. Ed è stata portata avanti quella che viene ormai definita “diplomazia climatica”, per convincere tutti i Paesi ad assumersi impegni precisi. Ma la transizione ecologica si è rivelata più difficile del previsto, con tempi e modalità differenti richiesti dagli Stati e resa ancora più ardua dopo lo shock del COVID-19.

Gli obiettivi del COP26

A Glasgow, in Scozia, saranno presenti circa 25mila tra leader mondiali, negoziatori e imprese, insieme agli attivisti impegnati sui temi ambientali. E la posta in gioco è altissima, dopo che i fenomeni meteorologici estremi si sono evidentemente intensificati e l’ultimo decennio si è rivelato il più caldo di sempre – come ha messo in evidenza il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) nel suo ultimo rapporto.

 

Per evitare una catastrofe climatica, ai 200 Paesi partecipanti verrà chiesto di impegnarsi a rispettare l’Accordo di Parigi del 2015, che prevede di mantenere l’aumento delle temperature sotto i 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali e, se possibile, non oltre 1,5 gradi.

 

Per riuscirci, le emissioni inquinanti andranno azzerate entro il 2050. Con impegni specifici per porre fine all’era del carbone e dei combustibili fossili, puntando sulla mobilità elettrica, la deforestazione e la protezione dei mari.

 

Inoltre, i Paesi in via di sviluppo richiederanno un pacchetto di finanziamenti per essere aiutati ad adattarsi all’aumento delle temperature, evitando così il rafforzarsi del fenomeno dei rifugiati climatici. I Paesi del Sud del mondo sono infatti quelli che inquinano di meno, ma che nello stesso tempo subiscono i peggiori effetti dei cambiamenti climatici. Andranno sostenuti per convertire le economie verso le energie rinnovabili.

 

Cruciale sarà soprattutto la linea adottata dalla Cina, essendo il più grande inquinatore al mondo, anche a causa degli impianti di produzione di carbone sparsi in tutto il mondo.

 

Il summit si concluderà con una dichiarazione finale che ogni singolo Stato dovrà sottoscrivere e che potrebbe contenere impegni specifici.

 

Il 55% del Pil globale è impiegato per centrare l’obiettivo di rimanere entro 1,5 gradi. Parliamo di Canada, Giappone, Usa, Regno Unito e Unione Europea”, ha ricordato John Kerry, inviato speciale degli Stati Uniti per il clima. Ma, ha aggiunto, “alcuni Paesi sono già sulla strada giusta e hanno manifestato il loro impegno, altri no”.