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Il 2019 sarà l’anno in cui il settore del fintech in Italia collaborerà di più con banche e assicurazioni. Lo dice l’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui i dati mostrano come un numero sempre maggiore di startup vada in questa direzione, in un mix tra tradizione e innovazione, che – seppur a rilento rispetto ai big mondiali – sta trasformando di fatto il settore.
Dai dati viene fuori come la maggior parte delle startup italiane del fintech (70%) si ponga come competitor diretto delle banche su un numero ristretto di servizi, mentre solo il 6% offre un insieme completo di servizi bancari e assicurativi. Ma anche come sempre più startup (24%) mostrino un approccio collaborativo supportando le banche per affrontare la trasformazione digitale (16%) o offrendo i propri servizi agli istituti tradizionali.
Alla base di questa nuova collaborazione tra vecchio e nuovo, c’è la crescita continua del fenomeno. Il numero di startup Fintech e Insurtech in Italia è aumentato del 66% e i finanziamenti ricevuti dalle stesse hanno registrato un incremento del 70% negli ultimi due anni. Cresce anche il flusso dei finanziamenti ricevuti dalle startup, complessivamente pari a 43,7 miliardi di dollari, contro i 25,7 rilevati due anni fa (+70%). A livello globale, oggi sono presenti 1.210 startup Fintech & Insurtech, che hanno incassato almeno 1 milione di dollari di finanziamento. Gli Usa rimangono ancora i principali catalizzatori, ma la Cina si avvicina ormai al competitor americano: tra le prime cinque startup al mondo per finanziamenti ricevuti, ben quattro sono cinesi. L’Italia si muove ancora su numeri più piccoli: solo otto startup con sede nel nostro Paese hanno superato la soglia del milione di dollari di finanziamenti ricevuti, ma sono comunque in crescita visto che due anni fa erano solo due, per una raccolta di complessivi 44 milioni di dollari.
Anche dai dati della seconda edizione del rapporto sul fintech, pubblicata da Pwc e da NetConsulting, viene fuori come l’Italia abbia ancora molti passi in avanti da fare nel settore, seppur all’interno di un trend di crescita. Nel nostro Paese le transazioni fintech sono in valore assoluto ancora pari a 36 miliardi di dollari, contro i 216 miliardi della Gran Bretagna, i 131 miliardi della Germania e i 91 miliardi della Francia. Ma il report di Pwc e NetConsulting evidenzia come nell’ultimo biennio il comparto abbia visto una sostanziale maturazione. Prova ne è il mercato sempre più articolato, in cui è possibile identificare 60 diversi segmenti di specializzazione: pagamenti (36 aziende), lending (28), wealth e asset management (35), capital market e trading (23), insurtech (34), regtech (15). Un’articolazione che risponde all’esigenze crescenti del mercato, considerato l’interesse in aumento delle istituzioni finanziarie “tradizionali”. Le quali nell’84% dei casi hanno dichiarato di voler intensificare le relazioni con il mondo del fintech.
E anche i clienti italiani – seppur timidamente – aprono alla tecnologia, soprattutto nel segmento più giovane. Secondo l’indagine condotta dal Politecnico di Milano, nel 2018 gli italiani affiderebbero i loro risparmi principalmente a banche (65%) ed operatori postali (56%), con tuttavia una differenza generazionale: a banche e operatori postali si rivolge il 53% e 52% dei giovani di età compresa tra i 16 e i 24 anni, rispetto al 67% e 59% degli over 55. Ma nonostante banche e operatori postali restino imprescindibili per il 98% degli italiani, il 12% degli utenti inizia infatti a prendere in considerazione le startup, ma anche associazioni di categoria (14%), produttori di smartphone (8%), operatori di telefonia (8%), siti di eCommerce (10%), catene di supermercati (10%) e aziende internet (10%), in molti casi affiancando uno di questi attori alla cara vecchia banca o posta.
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