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E-health

L’intelligenza artificiale ci aiuterà a gestire le prossime epidemie

Marzo 2020

Le peggiori epidemie per l’umanità sono quelle che si diffondono in modo troppo rapido per consentire ai ricercatori di bloccarle, ma in futuro l’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un valido aiuto.

Applicare l’intelligenza artificiale alla lotta contro il COVID-19 non sembra ancora praticabile, ma l’esperienza che stiamo affrontando può essere utile per imparare a fronteggiare in modo efficace la prossima epidemia. Attraverso l’IA i ricercatori possono infatti combinare e analizzare enormi quantità di dati in tempi estremamente rapidi, consentendo così di velocizzare lo studio di nuovi farmaci e nuovi approcci.

Intelligenza artificiale: una rivoluzione nei tempi per trovare una cura

L’esempio del COVID-19 è importante: in poche settimane dall’inizio degli studi sulla malattia, gli scienziati sono stati in grado di isolare il virus, ma la scoperta di una cura o di un vaccino appare ancora lontana.

 

Secondo Andrew Hopkins, CEO della startup Exscientia Ltd., se si utilizzasse l’intelligenza artificiale le ricerche potrebbero essere fino a 5 volte più rapide rispetto ad oggi e potrebbero permettere di introdurre in commercio un nuovo farmaco in soli 18-24 mesi. Exscientia ha studiato, in particolare, l’utilizzo dell’IA per la ricerca di un trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo e, ad un anno dall’inizio delle ricerche, la cura è pronta per essere testata in laboratorio.

 

Al MIT hanno utilizzato l’intelligenza artificiale per identificare un nuovo antibiotico, che si è dimostrato efficace contro batteri resistenti a ogni altro trattamento. Un approccio simile è adottato anche dalla società Healx, che sfrutta tecnologie di machine learning per trovare nuovi utilizzi di famaci esistenti.

L'IA e il ruolo degli scienziati

L’utilizzo dell’IA non significa affatto che il ruolo dei ricercatori diventerà meno importante. Alla guida delle ricerche infatti c’è sempre un team di ricercatori esperti che aiutano gli algoritmi a ricercare le strategie migliori e che decidono quali tra i percorsi individuati dai computer sono i più promettenti.

 

Un ruolo, quello degli scienziati, a metà tra biologia ed elettronica, che richiede competenze tecniche specialistiche molto avanzate: non basta essere un ingegnere specializzato in intelligenza artificiale, ma occorrono anche conoscenze biologiche approfondite.

I limiti da non superare con l'intelligenza artificiale: il caso del COVID-19

Perché allora non utilizzare l’IA contro il Coronavirus? Il problema principale, secondo Neil Thompson, Chief Science Officer di Healx, è che sappiamo troppo poco del COVID-19 per essere in grado di creare un algoritmo efficace. Per intervenire in modo tempestivo sulle epidemie in corso, gli scienziati dovrebbero anticiparle: selezionare il genoma dei virus e iniziare a studiare i modi per debellarli prima che essi si diffondano.

 

Un aspetto importante da sottolineare riguarda la fase di ricerca del virus che viene velocizzata dall’IA. Purtroppo però questa tecnologia non consente anche di ridurre il tempo necessario per effettuare i test clinici, che sono un passaggio fondamentale per dimostrare che il farmaco in via di sperimentazione è sicuro ed efficace sulla maggioranza dei pazienti.

Sembra quindi che bisognerà attendere la prossima epidemia per verificare gli effetti dell’uso dell’intelligenza artificiale nelle ricerche farmacologiche. Sperando che, questa volta, non ci faremo trovare impreparati.