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Trasformazione Digitale

Smart Cities: non solo hi-tech

Ottobre 2020

Le città intelligenti fanno pensare a un ambiente iper-tecnologico. Ma per evolversi Boston sta abbracciando anche il “low-tech”.

Boston vuole essere più smart. E per raggiungere l'obiettivo sta adottando le innovazioni necessarie per rendere una città più intelligente, a cominciare da sensori e big data. Da sola però la tecnologia non è sufficiente per migliorare gli spazi urbani. Serve anche il “low-tech”. 

Non solo app

Nel 2014, Boston ha inaugurato il New Urban Mechanics, il programma per lo sviluppo della smart city. Tutto è iniziato con un'app che i residenti potevano scaricare per segnalare i luoghi in cui i marciapiedi avevano bisogno di riparazioni. Il Comune ha utilizzato queste informazioni per organizzare i lavori. Il sistema ha funzionato molte bene, ma aveva una distorsione: la maggior parte delle segnalazioni proveniva dai quartieri più ricchi, dove la concentrazione di residenti dotati di smartphone era più alta. Di conseguenza, spiega Kris Carter, co-presidente di New Urban Mechanics, “i reclami che arrivavano dall'app non erano sempre correlati all'urgenza dell'intervento”.

 

L'iniziativa perdeva quindi valore perché avvantaggiava solo chi disponeva di abbastanza risorse per sfruttarla. Il punto, invece, non è solo proporre soluzioni tecnologiche ma offrirle soprattutto a chi ne ha maggiore bisogno. Carter indica infatti “l'equità” tra gli obiettivi del progetto. Boston ha allora introdotto un secondo metodo per la raccolta dei dati. L'app è rimasta attiva, ma il comune ha assunto personale per ispezionare i marciapiedi della città. 

Smart ma senza smartphone

Il gruppo guidato da Carter si è allontanato dal modello ricorrente secondo il quale è la tecnologia a guidare i processi. L'iter prevede invece incontri nelle biblioteche e in altri spazi pubblici per scoprire quali siano i problemi nei diversi quartieri. “Alcune città – spiega Carter – ritengono che se sviluppi le giuste soluzioni tecnologiche, le persone scopriranno come trarne vantaggio. Volevamo invece iniziare dal basso per capire quali sfide affrontare”. E solo a questo punto entra in scena la tecnologia.

 

Un altro esempio di questo approccio riguarda la pandemia. Con i contagi da COVID-19, Boston ha utilizzato i chatbot per aiutare i residenti ad accedere al cibo e fornire supporto logistico. Il progetto, in collaborazione con il Mit, opera in più lingue e si rivolge soprattutto a chi ha maggior bisogno di supporto (cioè chi non riesce a gestire i propri bisogni con altre soluzioni, digitali e non). Un approccio che si è rivelato più agile e funzionale rispetto a quello proposto dalle grandi piattaforme online. 

La logica dei piccoli esperimenti

Il New Urban Mechanics è solito sperimentare piccole soluzioni hi-tech, per verificare il loro impatto sulla città. Ha, ad esempio, installato panchine con carica batterie per telefoni cellulari ad energia solare e monitorato il modo in cui sono state utilizzate. I dati raccolti hanno evidenziato che la panchina posizionata accanto a un campo da basket veniva utilizzata molto di più rispetto ad altre due, piazzate in un parco molto frequentato da turisti e nei pressi di un'area giochi. Si è quindi scoperto che i cestisti amatoriali attaccavano alla presa non solo smartphone ma anche piccoli tabelloni elettronici e altri dispositivi funzionali all'attività sportiva. Risultato: Boston userà le panchine “elettriche” nei luoghi dove i cittadini fanno esercizio fisico. Per promuoverlo.     

 

Un altro esperimento prevedeva il posizionamento di sensori per rilevare rumore e qualità dell'aria. Per la precisa volontà di rendere il processo trasparente, l'amministrazione ha installato i sensori ad altezza occhi, accompagnandoli con etichette che ne descrivessero il funzionamento. I cittadini non hanno apprezzato e buona parte dell'attrezzatura è stata danneggiata. Boston prevede adesso di reinstallarla, ma a un'altezza maggiore, in modo da non essere raggiungibile.

Testa, osserva, modifica

Il gruppo di lavoro guidato da Carter punta su tecnologie relativamente poco costose e facilmente scalabili, in modo da avere un impatto sull'intera popolazione (soprattutto su quella più vulnerabile). Per aumentare la sicurezza stradale, ha rilasciato un’app che incoraggiava le persone a partecipare a una competizione di guida sicura con altri residenti, monitorando le loro abitudini. Il primo concorso, nel 2018, è stato così ben accolto che da allora la città ne ha organizzati altri due. Carter prevede che questa e altre app simili giocheranno un ruolo crescente nella riduzione delle vittime del traffico.

 

Per risolvere il problema del parcheggio, invece, Boston ha percorso un altro sentiero. Sono prima stati sperimentati sensori incorporati nelle strade per rilevare i flussi di traffico e la distribuzione dei posteggi. La soluzione non ha funzionato: soprattutto a causa della neve (ricorrente in città), le rilevazioni non sono state attendibili. Si è allora optato per installare i sensori sui parchimetri, avvisando i conducenti tramite un'app dove fossero i posteggi liberi e aumentando le tariffe nelle ore di punta. Risultato: più persone hanno iniziato a muoversi a piedi, in bici, con i mezzi pubblici. Non solo: gli incassi extra sono stati investiti per migliorare il trasporto su autobus nei quartieri a minor reddito. Che si utilizzino soluzioni hi-tech o low-tech, afferma Carter, per costruire una smart city è decisivo rivalutare continuamente le proprie scelte per individuare le soluzioni che migliorano davvero la vita dei residenti.