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Le città stanno vivendo un grande momento, secondo Carlo Ratti, Direttore del Senseable City Lab del MIT e co-fondatore dello studio di architettura Carlo Ratti Associati. Sebbene occupino solo il 2% della superficie terrestre, ospitano metà della popolazione mondiale, rappresentano il 75% del consumo energetico e generano l’80% delle emissioni di CO2. Ma la tecnologia digitale, che sta stravolgendo molti aspetti tradizionali dello stile di vita urbano, porta con sé un’ondata di innovazione che rispecchia le esigenze delle città moderne.
Nell’ultimo decennio, le tecnologie digitali hanno iniziato ad avvolgere le nostre città, trasformandole radicalmente e offrendo nuovi strumenti per migliorare la mobilità urbana e il mondo del lavoro. L’enorme crescita della disponibilità di dati in tempo reale e la convergenza del mondo digitale con quello fisico attraverso l’Internet delle Cose sta creando opportunità per progettare città che possano rispondere meglio alle esigenze dei loro abitanti.
“Spesso si descrive questo processo come fondamento delle “smart city”, ma non amo questa parola, perché suona priva di dimensione umana,” afferma Ratti. “Per questo motivo abbiamo battezzato la nostra unità di ricerca del MIT “Senseable City Laboratory”. La nostra mission consiste nell’indagare il modo in cui le tecnologie digitali stanno entrando nel mondo fisico e anticipare le implicazioni per chi vive nelle città.”
La convergenza tra mondo fisico e digitale sta modificando le nostre vite, e quando la vita cambia, anche le città devono adeguarsi.
La mobilità urbana è un aspetto della vita cittadina che potrebbe beneficiare enormemente dell’enorme mole di dati in tempo reale. I veicoli a motore stanno diventando computer su ruote, con migliaia di sensori a bordo di un’auto media che emettono segnali ad alta frequenza e forniscono una miriade di informazioni sui loro guidatori e sulle strade.
Informazioni che possono essere utilizzate per valutare l’utilizzo delle auto e per stabilire se queste potrebbero compiere meno tragitti, nell’ottica di ridurre il numero di veicoli sulle strade.
I dati sul traffico di New York, caricati sul sistema di visualizzazione interattivo HubCap elaborato da Senseable City Lab e Audi, hanno mostrato che i taxi cittadini Medallion hanno effettuato 150 milioni di corse nel 2011. I dati comprendevano le coordinate GPS di tutti i punti di prelievo e di scarico, gli orari corrispondenti delle corse e le analisi condotte dal team di ricerca hanno evidenziato che molte di queste potevano essere evitate con una corsa condivisa.
“La condivisione avrebbe consentito a tutti di raggiungere la propria destinazione negli stessi tempi, con una differenza di un paio di minuti, utilizzando il 40% in meno di veicoli. Il New York Times ha commentato che nessun neyorkese condividerebbe nulla con un altro concittadino, tanto meno un’auto. Ma i dati raccolti da Uber dopo l’introduzione del suo servizio di car-sharing Uberpool a San Francisco indicano che è stato utilizzato dal 50% degli utenti e il servizio si è diffuso adesso a New York e ovunque nel mondo.”
I clienti pagano di meno perché il costo per persona della condivisione è inferiore, e riduce fortemente il traffico, il consumo energetico e l’inquinamento stradale. E la portata dei risparmi sarebbe molto maggiore con le auto a guida autonoma, che avranno una potenza informatica ancora maggiore.
“Le auto vengono utilizzate solo per il 4% del tempo in media, e rimangono parcheggiate per il restante 96%. Ma le auto a guida autonoma potrebbero portarti in ufficio al mattino e poi essere utilizzate da altri membri della famiglia, amici o vicini mentre sei al lavoro. Questa innovazione potrebbe aumentare enormemente la percentuale di tempo di utilizzo delle automobili: stimiamo che la corsa in taxi condivisa e l’auto condivisa potrebbero in teoria ridurre il numero di auto in circolazione dell’80%.”
Quando le auto a totale guida autonoma saranno in maggioranza, ci saranno ulteriori benefici per la mobilità. Sapranno dove si trova ogni altra macchina nelle vicinanze, il che ridurrebbe la necessità di fermarsi agli incroci perché le tecnologie digitali potrebbero informarle con tempi d’attesa minori. In questo modo si ridurrebbero anche gli imbottigliamenti che spesso causano incidenti.
Perché le persone vanno in ufficio per lavorare quando gran parte del lavoro nell’era digitale potrebbe essere svolto da casa o da un qualsiasi altro luogo?
La sua risposta è che ci sono ancora motivi per andare in ufficio, ma non sono gli stessi che hanno portato all’utilizzo degli uffici nel XX secolo.
Agli albori del lavoro d’ufficio, il suo scopo era quello di eseguire attività meccaniche in file di scrivanie o cubicoli in cui i dipendenti facevano tutti la stessa cosa. Esistono ancora società in cui questo tipo di lavoro è necessario, ma ce ne sono altre in cui lo svolgono i computer o, sempre più, l’intelligenza artificiale o i robot.
“In questi casi, l’unico motivo per andare in ufficio è interagire in uno spazio fisico con altre persone. Possiamo interagire online attraverso internet su Skype o con videoconferenze, ma ciò tende a coinvolgere un gruppo predeterminato di persone impegnate su di una particolare attività.
Quando si interagisce di persona, le possibilità sono maggiori: si può entrare in contatto con più persone e scambiarsi nuove idee, che possono cambiare carriere e risultati.’
Carlo Ratti definisce questi scambi “interazioni fortuite” ma occorrono spazi di lavoro diversi per incentivare la creatività e la collaborazione. WeWork, un fornitore di spazi di lavoro, sta già trasformando gli edifici destinati ad uso ufficio in ciò che descrive come “spazi di lavoro meravigliosi e collaborativi”. Dopo l’ultima operazione di fund-raising, adesso la società vale circa 20 miliardi di dollari.
Cerdà, l’urbanista del XIX secolo che ha creato la moderna Barcellona, sognava di disporre di informazioni in tempo reale su come la città veniva usata per sfruttarli al meglio. Informazioni che adesso abbiamo riguardo al campus del MIT, il primo spazio urbano negli USA a essere interamente coperto dal Wi-Fi, e con cui possiamo vedere in che modo ogni aula del campus viene utilizzata nel corso della giornata. Possiamo anche pensare a come lo spazio potrebbe essere utilizzato diversamente al cambiare della natura del lavoro.”
L’attività in campo architettonico di Carlo Ratti consiste nel lavorare alla riprogettazione di spazi ufficio condivisi in Europa e negli USA, per promuovere l’interazione. Uno di questi progetti è la sede della Fondazione Agnelli a Torino, il cui scopo era quello di facilitare una migliore risposta alle istanze della comunità e aumentare l’interazione tra le persone. Ha visto la sua nascita più di 100 anni fa in una villa, che è stata ampliata a metà del ‘900 con uffici separati tra loro.
“Riflettendo su quanto abbiamo appreso dall’esperienza del campus MIT, abbiamo deciso di aprirla maggiormente verso la città, aggiungendo un corpo di fabbrica in vetro che si protende verso l'esterno. Ospita un bar e funziona come elemento di invito per i passanti che abitano in zona. Abbiamo anche creato aperture tra i piani e i locali presenti sullo stesso piano, in modo che le persone potessero parlare tra loro più facilmente. E l’abbiamo aperta di più verso la natura, con luoghi in cui lavorare e incontrarsi nel giardino, che adesso ha un orto.
Con un’integrazione totale tra tecnologie digitali e spazio fisico, possiamo stimolare relazioni migliori tra le persone.
Una delle idee chiave della Fondazione Agnelli è che, con un’integrazione totale tra tecnologie digitali e spazio fisico, possiamo stimolare relazioni migliori tra le persone e con l’edificio in cui abitano, favorendo in ultimo l’integrazione e la creatività. È ciò che chiamiamo "Ufficio 3.0". È una visione che oltrepassa i limiti degli spazi dell’era pre-internet e l’isolamento alienante del telelavoro.”
Nell'edificio, ciascuno può personalizzare il proprio spazio di lavoro interagendo con il Sistema di gestione dell’edificio (Building Management System, BMS). Un’app per smartphone permette agli occupanti di registrarsi, interagire con i colleghi, prenotare sale riunioni, e regolare le impostazioni ambientali con un livello di personalizzazione senza precedenti. In breve: un’interazione umana a risparmio energetico e un ambiente di lavoro più piacevole.
“Ci saranno altri elementi di rottura nell'urbanistica prodotti da internet," afferma Carlo Ratti, “I centri commerciali stanno già chiudendo negli USA a seguito della concorrenza del commercio online: se ne prevede la chiusura del 25% nei prossimi anni. La convergenza tra mondo fisico e digitale sta modificando le nostre vite, e quando la vita cambia, anche le città devono adeguarsi.”
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