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Guerra valutaria

Guerra valutaria Con l’espressione guerra valutaria, o svalutazione competitiva, si intende l’azione per cui un Paese cerca di ottenere un tasso di cambio più basso per la propria valuta allo scopo di rendere più competitivo il prezzo per le esportazioni. L’effetto conseguente è l’aumento del costo delle importazioni del Paese stesso con relativi danni al potere d’acquisto dei cittadini. Se ogni nazione prosegue con queste azioni, come in una vera e propria guerra appunto, l’effetto finale potrebbe essere addirittura un rallentamento del commercio internazionale. Uno dei casi più eclatanti di ricorso alla svalutazione competitiva lo si ebbe negli anni Trenta, quando molti Paesi per difendersi dalla grande depressione tentarono di guadagnare quote di mercato deprezzando la loro valuta. Ma poiché la manovra fu attuata da tanti Paesi insieme, il risultato fu quasi nullo in termini di competitività. Alla fine crollò il commercio internazionale e la recessione peggiorò. A coniare l’espressione “guerra valutaria” è stato il ministro delle finanze brasiliano Guido Mantega nel 2010, per denunciare la politica monetaria espansiva adottata dalla Federal Reserve americana a partire dal 2008. Gli stimoli monetari, con l’abbassamento dei tassi e l’acquisto di asset in valuta locale per liberare liquidità, possono portare infatti tra le altre cose a un deprezzamento della valuta stessa.