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Novembre 2017
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Il panorama finanziario nel 2018

Anche il 2018 si preannuncia un anno positivo per le azioni grazie alla crescita economica generalizzata

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Panoramica: tutto merito della crescita

Dovunque guardino gli investitori, sembra ci siano buone ragioni per tenere a freno gli spiriti animali. Da un lato, il contesto politico è tuttora incerto. La Brexit, le minacce della Corea del Nord e l’approccio politico non convenzionale del presidente Donald Trump potrebbero mandare i mercati in cortocircuito il prossimo anno. Dall’altro occorre tenere ben presente la durata sorprendentemente lunga del rally azionario. L'MSCI World e l’S&P 500 sono ormai prossimi ai massimi storici avendo registrato guadagni in ognuno degli ultimi 12 mesi. Anche tassi di interesse più alti potrebbero rappresentare un problema. La Federal Reserve USA e la Bank of England hanno incrementato i costi di finanziamento e nel prossimo futuro la Banca Centrale Europea ridurrà gli acquisti di titoli. Pertanto i mercati finanziari non potranno più contare su generose iniezioni di liquidità.

Nonostante tutto, però, anche il 2018 si preannuncia un anno positivo per le azioni. La ragione principale è la crescita. Ci aspettiamo che l’economia cresca a un buon ritmo nel 2018 – del 3,4% rispetto al 3,3% del 2017 – superando le stime di consensus degli economisti.

PREVISIONI CIRCA CRESCITA ECONOMICA, INFLAZIONE E UTILI PER IL 2018, ANNO SU ANNO, %
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Fonte: Pictet Asset Management, I/B/E/S, Thomson Reuters Datastream

L’espansione nel 2018 dovrebbe essere più generalizzata rispetto agli ultimi anni e caratterizzata da un solido aumento degli investimenti statali e societari, nonché da una robusta spesa al consumo. I Paesi emergenti dovrebbero andare particolarmente bene, sostenuti dalla bassa inflazione e dalla ripresa dei prezzi delle materie prime. In ambito azionario il nostro entusiasmo non è frenato dalla prospettiva di nuovi rialzi dei tassi negli USA. Anche in caso di un inasprimento da parte della Fed – ci aspettiamo fino a tre rialzi il prossimo anno – i tassi reali di USA, Europa e Giappone rimarranno negativi ancora per qualche tempo.

Ma se tale contesto sosterrà le azioni, non si può dire lo stesso per le obbligazioni dei Paesi avanzati. L’aumento dei tassi da parte della Fed peserà certamente su asset class a nostro parere onerose come titoli di Stato USA e debito societario. Prevediamo un rialzo dei rendimenti di tali titoli nel 2018.

Il dollaro USA, che secondo i nostri modelli è tuttora sopravvalutato, in particolare rispetto alle divise emergenti, si muoverà invece nella direzione opposta. A nostro avviso il biglietto verde dovrebbe svalutarsi ancora nel quadro di un aumento delle pressioni inflazionistiche negli USA.

Come ogni anno, anche nel 2018 gli investitori si troveranno di fronte a un muro di preoccupazioni, ma sui mercati azionari e degli asset emergenti dovrebbero essere in grado di scalarlo.

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Un clima di investimento favorevole per gli asset rischiosi

La situazione è abbastanza tranquilla per le azioni e più agitata per i bond. Ecco quanto emerge dalla nostra analisi sul clima di investimento per il 2018. La nostra analisi, che combina indicatori economici, indicatori di liquidità, valutazioni e tendenze tecniche, indica una continuazione della fase rialzista dei mercati azionari, ma tempi difficili per i titoli di reddito fisso statunitensi in particolare.

RALLY AZIONARIO SOSTENUTO DALL’AUMENTO DEGLI UTILI

Azioni globali vs crescita degli utili (%)

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Fonte: Pictet Asset Management, Thomson Reuters Datastream; dati relativi al periodo 31.12.1987-21.11.2017

L’analisi del ciclo economico mostra che la crescita globale sarà trainata da consumi robusti e da una ripresa degli investimenti in capitale fisso che nel 2018 dovrebbero aumentare del 5% a livello mondiale rispetto al 3,3% di quest’anno. Il basso costo del capitale, la maggiore fiducia delle imprese e l’effetto ritardato dell’aumento degli utili aziendali nel 2017 dovrebbero spingere le società a investire ancora piuttosto che a riacquistare le loro azioni.

In Europa è più probabile un aumento della spesa aziendale poiché per la prima volta dal 2006 si registra una svolta positiva della fiducia in ambito edilizio. In Giappone, la spesa pubblica per infrastrutture e i consumi dovrebbero far salire il capex dell’1,4%. Nel complesso, ci aspettiamo un’accelerazione della crescita al 2,4% negli USA e al 5% nelle economie emergenti. L’espansione nell’eurozona e in Giappone si manterrà al di sopra del potenziale, rispettivamente al 2,1% e all’1,4%; Il PIL cinese dovrebbe diminuire al 6,6%.

Prevediamo un'accelerazione della crescita, mentre le condizioni di liquidità – che hanno sostenuto gli asset rischiosi per tutto il 2016 – diventeranno più restrittive.

Negli Stati Uniti la crescita dell’offerta monetaria ha rallentato al 5%, il livello più basso dal 2011, e in ottobre ha toccato i minimi storici in Cina1. Tenuto conto dell’aumento dell’inflazione, tale rallentamento porterà a una netta diminuzione della liquidità in eccesso che a sua volta dovrebbe avere un impatto negativo sui multipli prezzo/utili azionari2. Stimiamo che le iniezioni nette di liquidità delle principali banche centrali diminuiranno da 2.500 miliardi di dollari nel 2017 ad appena 500 miliardi di dollari nel 20183. Ci aspettiamo anche tre rialzi dei tassi negli USA il prossimo anno.

A preoccuparci in modo particolare è la fragilità della crescita degli investimenti privati a livello globale. Le banche commerciali dovrebbero già aver sostituito le banche centrali nel fornire liquidità al sistema finanziario, ma negli Stati Uniti non sembra questo il caso. I prestiti bancari infatti continuano a rallentare e la domanda di finanziamenti si conferma modesta. La situazione è più incoraggiante in Europa e Giappone, dove la crescita dei prestiti bancari è superiore al 2%.

Le valutazioni restano ragionevoli su gran parte dei mercati azionari ma potrebbero essere soggette a pressioni se l’inflazione dovesse prendere slancio. Nelle economie emergenti la crescita delle retribuzioni, pari a circa due terzi dell’inflazione finale, prosegue lentamente mentre in Cina l’inflazione core ha raggiunto i massimi da sei anni. Secondo le nostre stime, un aumento dell’1% dell’inflazione comporta una flessione del 5-10% del rapporto prezzo/utili (P/E). Quanto al reddito fisso, i titoli creditizi dei Paesi avanzati sono i meno interessanti e il debito high yield USA è già soggetto a qualche pressione. Secondo il nostro modello, che tiene conto di inflazione, indicatori anticipatori e tassi a breve, il rendimento dei titoli USA a 10 anni è troppo basso di circa 100 pb.

Gli indicatori tecnici suggeriscono che anche il prossimo anno assisteremo a una riallocazione a scapito dei titoli USA. Le obbligazioni emergenti e corporate hanno registrato flussi in entrata più consistenti rispetto ai titoli di Stato e tale trend dovrebbe proseguire nei prossimi mesi.

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Mercato azionario: vento in poppa 

I titoli azionari sono forse cari, soprattutto quelli statunitensi, ma finché aumentano gli utili aziendali possono salire ancora.

Il mercato USA, per quanto oneroso in base ad alcuni parametri (ad esempio, il P/E riflette una sopravvalutazione del 20% rispetto alla media di lungo periodo), presenta un P/BV di appena 0,7 deviazioni standard oltre il trend, ben al di sotto della soglia di due deviazioni standard che costituisce solitamente un segnale di vendita.

Probabilmente, anzi, la borsa americana sarà favorita dalla debolezza del dollaro e dal progetto di riforma fiscale del Presidente Trump. Entrambi i fattori dovrebbero sostenere gli utili aziendali e contenere la riduzione della liquidità prevista dalla Fed, con il conseguente calo dei P/E.

Le piazze azionarie di Europa, Giappone e Paesi emergenti hanno prospettive anche migliori. Ad esempio, i titoli azionari britannici, giapponesi e dei mercati emergenti offrono uno sconto del 30% rispetto a quelli statunitensi, per quanto tale differenziale si riduca se si tiene conto del fatto che il listino americano è più orientato verso i settori ciclici.

Il sole splende soprattutto sulle borse dell’eurozona. L’economia della regione cresce a un ritmo del 2,2%, il doppio della media di lungo periodo, l’inflazione è inferiore al target e la BCE non intende ridurre eccessivamente le misure di allentamento monetario. Il ritardo del ciclo europeo rispetto a quello americano è abbastanza normale. Negli ultimi tre mercati rialzisti, l’eurozona ha sovraperformato gli USA in media del 20% circa nei due o tre anni prima dei picchi di mercato. Un’altra ragione per cui i titoli azionari dell’eurozona dovrebbero superare gli omologhi a stelle e strisce è la crescita. Come mostra il grafico, mentre i titoli USA hanno evidenziato una forte correlazione positiva con la crescita dell’economia interna, in Europa questo rapporto è meno stretto. Le borse europee riflettono solo parzialmente i progressi economici della regione; quando li sconteranno pienamente, dovrebbero andare meglio del mercato USA.

I TREND ECONOMICI PRELUDONO ALLA SOVRAPERFORMANCE DELLE BORSE EUROPEE RISPETTO AL LISTINO AMERICANO
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Fonte: Pictet Asset Management, Thomson Reuters Datastream, dati relativi al periodo 31.12.1988-21.11.2017

La politica di allentamento monetario favorisce anche la borsa nipponica, poiché la liquidità stimola la crescita e fa salire i P/E. Nello stesso tempo, il calo del dollaro è positivo per i mercati azionari emergenti; in particolare, i produttori di commodity appaiono molto interessanti in vista di un rialzo dei prezzi dei materiali. I mercati azionari dei Paesi emergenti europei sono fra i pochi davvero convenienti in termini assoluti e la Russia in particolare dovrebbe beneficiare del rimbalzo dei prezzi del petrolio. Inoltre, i titoli azionari russi, che scambiano ad appena 6 volte gli utili dei prossimi 12 mesi, godono di livelli di valutazione molto bassi, della debolezza della valuta e del sostegno della banca centrale che sta tagliando i tassi, sinora molto alti (5% in termini reali).

Intanto, la nostra preferenza va ai settori che hanno accumulato un ritardo e che vanno meglio nelle ultime fasi del ciclo economico – in altre parole, quelli caratterizzati da una correlazione positiva con i rendimenti obbligazionari: finanza, energia e industria estrattiva.

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Reddito fisso e valute: favoriti i mercati emergenti

Sempre più in alto. I rendimenti obbligazionari dei Paesi avanzati evidenziano una tendenza al rialzo, in quanto l’aumento dell’inflazione e la solida crescita economica aprono la strada a un graduale inasprimento della politica delle banche centrali.

Crediamo che tale trend proseguirà nel 2018. Dalla fine della crisi finanziaria globale, i rendimenti obbligazionari Usa hanno rappresentato quasi il 60% del tasso di crescita del PIL nominale degli Stati Uniti, il che indica un aumento dei rendimenti dei Treasury a 10 anni nel prossimo anno, al 3% dal ~2,3% attuale. Prevediamo anche il continuo appiattimento della curva dei rendimenti Usa, una tendenza che solitamente si osserva con il progredire del ciclo economico e il passaggio dell’output gap Usa in territorio positivo (si veda grafico).

LA CURVA DEI RENDIMENTI USA SI APPIATTISCE, L’OUTPUT GAP ENTRA IN TERRITORIO POSITIVO
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Fonte: Pictet Asset Management, Thomson Reuters Datastream, dati relativi al periodo 31.12.1983-21.11.2017

Il rialzo dei rendimenti dei Bund potrebbe essere più modesto, dato che su quella sponda dell’Atlantico le pressioni sui prezzi appaiono piuttosto contenute e la liquidità abbondante. Tuttavia, in entrambi i casi il prossimo anno gli investitori potrebbero subire delle perdite; un contesto simile si era osservato in precedenza nel 2013 e prima ancora nel 1999. A fronte del ritorno dell’inflazione, dell’inasprimento delle politiche monetarie e delle valutazioni molto elevate, crediamo che l’era del denaro facile e a basso rischio generato dagli investimenti obbligazionari sia terminata.

Anche la decisione di orientarsi maggiormente verso i titoli a reddito fisso ad alto rendimento potrebbe rivelarsi sfavorevole. Le obbligazioni societarie high yield tendono a essere il primo mercato a mostrare segnali di stress, a causa del basso profilo creditizio, e storicamente registrano performance inferiori nelle ultime fasi del ciclo economico. La scarsa liquidità, i recenti elevati volumi di emissione di bond e la crescente popolarità dell’asset class tra gli investitori retail, che generalmente hanno un orizzonte di investimento di breve periodo (rispetto agli investitori istituzionali), costituiscono un’ulteriore fonte di rischio.

Malgrado scambino a un interessantissimo 6,2%, le obbligazioni high yield Usa devono affrontare diverse difficoltà: tassi di interesse più alti, condizioni di finanziamento bancario più rigide per alcuni ambiti (carte di credito, immobili commerciali), inversione di tendenza dei tassi di default. Dal punto di vista dei fondamentali, i titoli corporate europei sono più allettanti, ma in base alla nostra griglia di valutazione sono anche l’asset class più costosa, con un rendimento di appena il 3%.

Prospettive di rendimento migliori si riscontrano sulle piazze emergenti: gran parte di questi Paesi infatti gode di una ripresa economica priva di inflazione. Si distinguono in particolare i bond russi, grazie a un rendimento del 7,6%, una banca centrale credibile, tassi reali elevati, un’inflazione in calo e una valuta conveniente.

In media le divise emergenti scambiano tuttora a quasi il 20% al di sotto del fair value. Questo rende i bond emergenti in valuta locale ben posizionati per beneficiare dell'atteso e graduale deprezzamento del dollaro Usa: una flessione del 10% del biglietto verde spingerebbe al rialzo di quasi 11 pb i rendimenti del debito emergente in valuta locale.

A nostro parere la debolezza del dollaro si rivelerà una tendenza di medio periodo, sostenuta da una crescita economica appena modesta e da una Fed più restrittiva, e sarà di tanto in tanto intervallata da correzioni parziali.

Tale view avvalora il nostro assetto positivo sulle commodity per il 2018, soprattutto alla luce del rigoroso approccio all’offerta del settore, della solida crescita globale e dello slancio degli investimenti tecnici.

Per gli operatori preoccupati per l’inflazione, investire direttamente nell’oro potrebbe rivelarsi un’opzione migliore. Vale la pena di considerare anche i TIPS (titoli del Tesoro Usa protetti dall'inflazione), che presentano un rendimento modesto dello 0,45%, ma che in base ai nostri modelli tendono a sovraperformare i Treasury di 100 pb per ogni aumento dello 0,1% delle attese di inflazione.

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In sintesi

PROSPETTIVE ANNUALI PER IL 2018

Asset class globali

Situazione abbastanza tranquilla per le azioni, più agitata per i bond.

Azioni: regioni e stili di investimento

L’azionario Usa è oneroso; le prospettive per l’Europa, il Giappone e i mercati emergenti appaiono migliori.

Reddito fisso e valute

Il debito emergente in valuta locale dovrebbe beneficiare della debolezza del dollaro, del vigore delle commodity e del miglioramento della crescita economica.