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Febbraio 2018
Materiale di marketing

Togliamo il piede dall’acceleratore

Il mercato azionario ha fatto passi da gigante in un periodo relativamente breve. Letto insieme a rendimenti obbligazionari in crescita questo significa che il rally azionario potrebbe presto perdere slancio.

01

Asset allocation: una nota di cautela

Le azioni globali hanno salutato il nuovo anno su di una nota vivace, crescendo di oltre il 5% solo a gennaio, mese in cui molte borse hanno toccato livelli massimi. L'imponenza del rally, e la simultanea impennata dei rendimenti dei Treasury USA e dei Bund tedeschi comportano un potenziale di rialzo limitato per i mercati azionari nei prossimi mesi. Per questo motivo abbiamo declassato il posizionamento sulle azioni a neutrale, aumentato alla sovraponderazione la liquidità e mantenuto la posizione di sottopeso sulle obbligazioni, in quanto prevediamo che una robusta domanda interna e mercati del lavoro solidi, soprattutto nelle economie sviluppate, sospingeranno l'inflazione nel 2018. Inoltre, un rimbalzo sorprendentemente forte dell’inflazione rischia di generare una risposta più aggressiva del previsto da parte delle banche centrali.

griglia mensile dell’asset allocation
Febbraio 2018
Griglia del Barometro di febbraio 2018
Fonte: Pictet Asset Management

I nostri indicatori del ciclo economico mostrano un’economia globale indirizzata verso una crescita del 3,4% quest’anno, dopo un’espansione di oltre il 3% nel 2017. Siamo diventati più ottimisti sulle prospettive per gli Stati Uniti. La domanda interna è cresciuta ad un tasso annualizzato del 4,4% nell’ultimo trimestre, il livello massimo degli ultimi tre anni; la fiducia dei consumatori e delle aziende è prossima a livelli record; la debolezza del dollaro favorisce le esportazioni e la riforma fiscale varata da Washington dovrebbe sostenere la crescita economica nei prossimi due anni. Tuttavia, a sua volta, questa situazione genera una maggiore pressione sui prezzi. L’indice statunitense PCE (l’indice relativo alle spese personali), la misura di inflazione preferita della Fed statunitense, è cresciuto all’1,5%; prevediamo che verso la fine del 2018 superi l’obiettivo del 2% stabilito dalla Fed.

Le condizioni economiche nell’Eurozona rimangono incoraggianti, sebbene la crescita possa appiattirsi.

Rimaniamo, invece, più cauti sulle prospettive economiche della Cina. L’attività economica si è deteriorata, in quanto l’investimento in attivi fissi è bruscamente crollato sia nel settore privato che in quello pubblico. Se la riduzione del debito dovesse accelerare, la crescita potrebbe subire un brusco calo.  

Il resto del mondo emergente sta tenendo meglio; il differenziale di crescita tra economie in via di sviluppo e sviluppate dovrebbe ulteriormente ampliarsi dopo aver raggiunto il minimo dell’1,7% nel 2016.

I nostri indicatori di liquidità supportano una posizione neutra sulle azioni. L’importo di liquidità apportato dalle cinque principali banche centrali del mondo ammonta al 12,5% del PIL, prossimo al livello minimo del suo range a due anni.Un’altra bandierina rossa è rappresentata dalla politica monetaria statunitense. Con l’inflazione in crescita, prevediamo tre aumenti dei tassi d’interesse da parte della Fed quest’anno.

Le condizioni monetarie più serrate negli Stati Uniti sono tuttavia compensate in parte dallo stimolo della banca centrale in Cina, e da un dollaro debole, che sostiene le economie emergenti.

Le nostre misurazioni delle valutazioni suggeriscono una limitata possibilità di crescita ulteriore per i titoli azionari. Con un'offerta di moneta che aumenta più lentamente rispetto alla crescita della produzione industriale2, un differenziale con il quale misuriamo la liquidità in eccesso, i multipli sugli utili potrebbero contrarsi del 5-10% nel corso dell’anno. Inoltre, la possibilità che la crescita degli utili societari possa superare le previsioni degli analisti è contenuta, date le robuste revisioni al rialzo delle previsioni di utili nelle scorse settimane. Negli Stati Uniti, riteniamo che l'accelerazione impressa dai tagli fiscali sia stata quasi del tutto scontata dai mercati azionari, soprattutto perché gli analisti hanno aumentato le stime di crescita dei profitti per quest’anno al 17% rispetto al precedente 11%, poco dopo l’approvazione della riforma fiscale. 

esuberanza degli investitori 
Gli investitori sono più positivi che mai, in un contesto di crescita macroeconomica che pare ad un picco
asset allocation
Fonte: Thomson Reuters Datastream;  dati relativi al periodo 29.01.2008-30.01.2018; il Citigroup Economic Surprise Index è un riferimento che indica la proporzione di pubblicazioni di dati che superano/non raggiungono le previsioni degli analisti.  

I nostri indicatori del sentiment sono diventati negativi per le azioni, dato che iniziano ad indicare l'esuberanza degli investitori. Il “rapporto toro/orso” statunitense, che confronta il numero di investitori ottimisti rispetto a quelli pessimisti, indica che gli investitori toro sono saldamente al comando. Rafforzando l’opinione che gli investitori potrebbero essere troppo compiacenti, l'attività di IPO è stata robusta e il mercato azionario ha registrato quattro settimane di afflussi record pari a 77 miliardi di dollari statunitensi a gennaio nei fondi comuni azionari globali e negli ETF.3

02

Regioni e settori: Europa non solo conveniente, ma anche brillante

Solo ad un mese dall’inizio del 2018, i titoli azionari hanno già realizzato oltre metà dei guadagni che avevamo previsto per l’intero anno. Dopo un rally di tale potenza, la domanda è: quali aree del mercato hanno il potenziale migliore per il resto dell'anno?

Tra i principali mercati azionari globali, riteniamo che la risposta potrebbe essere l’Europa. I titoli europei sono scambiati ai maggiori livelli di sconto rispetto agli Stati Uniti negli ultimi 30 anni (si veda grafico). 

valore in Europa

Livello dell’indice MSCI EMU rispetto all’MSCI US, in valuta locale

Regioni e settori: PE dell’Europa rispetto a quello degli USA
Fonte: Thomson Reuters Datastream, Pictet Asset Management; dati relativi al periodo 26.01.1998-30.01.2018 

Ovviamente, il solo fatto che qualcosa sia conveniente non è un buon motivo per comperare. Ma se associamo le valutazioni interessanti delle azioni europee alle prospettive economiche in miglioramento della regione (ci aspettiamo una crescita nell’Eurozona del 2,2% quest’anno), tassi reali negativi e una ripresa dei prestiti bancari, l’investimento si fa interessante. 

Rimaniamo anche sovrappesati sul Giappone, le cui condizioni economiche sono in miglioramento. Le esportazioni giapponesi verso Cina e Asia hanno raggiunto livelli record, mentre a gennaio il settore manifatturiero è cresciuto al ritmo più veloce degli ultimi quattro anni. Il rapporto tra occupazione e domande di assunzione nel Paese, al contempo, è il migliore degli ultimi quarant’anni, secondo i dati ufficiali.

Anche gli Stati Uniti paiono in condizioni economiche ragionevolmente buone. Ma con una crescita degli utili societari prevista per quest’anno ad un livello insolitamente elevato del 16%, esiste il rischio che gli utili societari possano deludere le previsioni. Questo è il motivo per il quale rimaniamo sottopesati sui titoli statunitensi. Altre bandierine di pericolo comprendono la prospettiva di maggiori tassi d’interesse negli Stati Uniti, e le valutazioni del mercato azionario, che sono superiori alla media sulla base di diverse misure. Il rapporto prezzo-valore contabile dell’S&P 500, a 3,4 x, è di 1,3 deviazioni standard oltre la tendenza di lungo termine, ad esempio.

La storia insegna che quando i mercati raggiungono simili livelli di valutazioni, tendono a registrare un calo annualizzato prossimo al 5%.

Altrove, con l’ampia previsione di tre aumenti dei tassi da parte della Fed in quest’anno, è sensato allocare il capitale ai segmenti azionari che tendono ad andare bene in periodi di contrazione della politica monetaria. 

Questa è una ragione per la quale tendiamo a favorire le società finanziarie per le quali gli aumenti del tasso d’interesse di norma determinano maggiori margini di profitto. Il settore appare più attraente ora rispetto a tre mesi fa.

Al contrario, i servizi di pubblica utilità saranno probabilmente penalizzati dagli aumenti dei tassi, in quanto simili società hanno una capacità limitata di riversare sui consumatori maggiori costi di produzione o costi del servizio del debito. Di conseguenza abbiamo declassato i servizi di pubblica utilità a negativo.

Rimaniamo sovrappesati su settori relativamente poco cari legati alle materie prime, come l’energia e i materiali. Secondo i nostri modelli, i prezzi delle materie prime potrebbero salire ulteriormente se la produzione industriale dovesse impennarsi e se il dollaro dovesse continuare a svalutarsi.

03

Reddito fisso e valute: alto rendimento, alta tensione

Abbiamo assunto un atteggiamento più cauto verso il credito. Si tratta della classe di attivi più costosa nella nostra tabella, vulnerabile a condizioni monetarie più rigide e, storicamente, la prima ad entrare sotto pressione quando i mercati finanziari si sono mossi verso le ultime fasi del ciclo.

Siamo sottopesati sulle obbligazioni societarie europee e adesso stiamo riducendo la posizione sul debito high yield statunitense da neutra a negativa, in risposta ad un aumento del rendimento dei Treasury USA. I rendimenti decennali hanno recentemente sorpassato quota 2,70%, il livello più alto dal 2014. Le obbligazioni high yield statunitensi forse non sono così costose come quelle europee, ma i loro spread non lasciano agli investitori molto spazio di manovra rispetto ad ulteriori cattive notizie provenienti dal mercato obbligazionario. A 345 punti base, gli spread sulle obbligazioni high yield statunitensi sono adesso al livello minimo dall'estate 2006. E il rischio è che la vendita massiccia di Treasury non abbia fatto il suo corso. 

Un’economia statunitense in salute, ovvero crescita solida, consumatori ben predisposti, disoccupazione a livelli bassi, sono tutti fattori che suggeriscono un atteggiamento della Fed sempre più aggressivo. Aggiungiamo i tagli fiscali per le aziende previsti dalla riforma voluta dal Presidente Trump, che si prevede possano agire come importante stimolo fiscale a giudicare dalla reazione del mercato azionario, e la possibilità di tre aumenti dei tassi della Fed per quest’anno diventa sempre più concreta, con altro in serbo per il prossimo anno. Poi c’è la piccola questione dell’offerta di Treasury, con la Fed non più intenzionata ad acquistare obbligazioni e la richiesta al Governo USA di finanziare i tagli fiscali di Trump, i manager del settore privato e delle banche straniere dovranno assorbire 1500 miliardi di dollari di Treasury quest’anno e 2000 miliardi di dollari l’anno prossimo, un aumento rispetto ai 500 miliardi di dollari del 2017.

Siamo anche preoccupati della recente impennata dei deflussi dalle obbligazioni high-yield statunitensi, pari a quasi l’1% degli attivi netti detenuti in fondi obbligazionari high yield statunitensi in sole due settimane, secondi i dati di EPFR.

sottile come un velo

spread high yield statunitensi sui Treasury, punti base

spread HY USA del reddito fisso
Fonte: Bloomberg;  dati relativi al periodo 30.01.1998-30.01.2018 

In una situazione normale, condizioni economiche interne positive si sarebbero tradotte in un dollaro forte, ma non in questo caso. Sebbene riteniamo che sia destinato ad indebolirsi nel lungo termine per via, tra l’altro, di una produttività statunitense in calo, la recente debolezza del biglietto verde è tuttora un dilemma. Negli ultimi tre mesi, non solo i dati economici statunitensi si sono rivelati migliori delle attese di mercato ma i differenziali dei tassi d’interesse tra USA ed Eurozona sono cresciuti, il che di norma favorisce il dollaro. Eppure la valuta ha perso circa il 4% sull’euro dall’inizio del 2018. 

È possibile che alla base della debolezza del dollaro ci siano fattori tecnici, quali le coperture valutarie delle società e, potenzialmente, l’incremento delle banche centrali  delle loro riserve di moneta unica in vista dell’aumento della crescita economica della regione e del fatto che la sua crisi esistenziale pare ormai alle spalle. Ma con fondamentali che non riescono a spiegare i movimenti del cambio, abbiamo deciso di assumere una posizione neutrale sulle valute.

Contemporaneamente, il mercato sta iniziando a rivedere la sua opinione sulla sterlina. La Brexit continuerà a pedinare l'economia britannica per i prossimi anni, ma il fatto che non abbia (ancora) condotto ad una catastrofe economica ha spinto ad una copertura corta sulla sterlina.

Rispondiamo a queste forze contrastanti incrementando le posizioni su euro e sterlina, portandole da sottopesate a neutrali.

04

Panoramica sui mercati globali: azioni in risalita

Le azioni hanno offerto il loro tradizionale rally di capodanno e, malgrado un leggero passo indietro a fine gennaio, si sono aggiudicate la maglia di classe di attivi più performante del mese.

I titoli dei mercati emergenti hanno assunto il comando, con risultati particolarmente solidi da America Latina e Asia centro orientale (fino all’8,3% e al 7,3%, rispettivamente, in valuta locale). Una simile forza riflette in parte una forte domanda, con investitori esteri che hanno investito 13,5 miliardi di dollari nelle azioni emergenti a gennaio, gli afflussi maggiori in 18 mesi, secondo i dati raccolti dall’International Institute of Finance (IIF).

Negli USA, il rendimento dell’S&P 500 ha chiuso in territorio positivo per 15 mesi di fila, un periodo senza precedenti.

Le azioni britanniche sono state chiaramente fanalino di coda. Hanno perso il 2%, penalizzate da una sterlina in fase di rialzo, che erode i rendimenti generati dalle multinazionali britanniche e dal crollo di alto livello della società edilizia e di servizi Carillion, oltre ad un profit warning della rivale Capita.

A livello settoriale, i titoli tecnologici hanno tenuto particolarmente bene, con un rally del 7,1%, mentre i servizi di pubblica utilità sono rimaste nelle retrovie con una flessione dell’1,9%. I sanitari sono stati l’eccezione più rilevante all’ampia sovraperformance dei titoli ciclici rispetto a quelli difensivi. Insieme ai tecnologici, i titoli sanitari sono considerati uno dei maggiori beneficiari dei cambiamenti apportati dalla riforma fiscale statunitense, che consentirà alle società di rimpatriare, e utilizzare, miliardi di dollari di liquidità detenuti oltreoceano.

AZIONI, RENDIMENTI OBBLIGAZIONARI IN TANDEM

Indice delle azioni globali MSCI ACWI rispetto ai rendimenti dei Treasury USA a 10 anni

mercati obbligazioni contro azioni
Fonte: Thomson Reuters Datastream, Pictet Asset Management;  dati relativi al periodo 30.09.2016-30.01.2018 
 

A titolo informativo per gli investitori, l’indice VIX, che esprime la volatilità azionaria implicita, è cresciuto dal livello minimo del 9,15 segnato nella prima settimana di gennaio a 14, un movimento insolito in un momento di avanzata dei mercati azionari.

La maggior parte dei tipi di attivi a reddito fisso ha concluso il mese in territorio negativo o con poca variazione in termini di valuta locale. I Treasury hanno registrato una flessione dell’1,4%, con rendimenti dei titoli decennali di rifermento che si avvicinano ai livelli massimi degli ultimi quattro anni, dopo che la Fed ha dichiarato una previsione di ripresa dell’inflazione per l’anno in corso. I commenti hanno riaffermato le attese del mercato per un altro aumento dei tassi d’interesse a marzo. Anche le obbligazioni statunitensi investment grade hanno perso vigore.

Sul mercato dei cambi, la caratteristica principale è stata la debolezza del dollaro. Il biglietto verde si è indebolito su tutta la linea, con movimenti maggiori contro peso messicano, sterlina, franco svizzero e real brasiliano.

05

In breve:

febbraio 2018

Asset allocation

Abbiamo declassato le azioni a neutrale, aumentato la liquidità, ma rimaniamo sottopesati sulle obbligazioni

Regioni e settori

Manteniamo la preferenza accordata all’Europa e al Giappone, mentre adottiamo una posizione sottopesata sulle utilities

Reddito fisso e valute

Abbiamo ridotto l’high yield statunitense in risposta al restringimento degli spread