L'accordo di Parigi segna una svolta nell'impegno ventennale contro il riscaldamento globale. A differenza della controversa strategia top-down che ha portato al fallimento l'ultimo importante accordo sul clima (il Protocollo di Kyoto del 1997), l'accordo di Parigi ha visto per la prima volta convergere nazioni sviluppate ed emergenti sull'impegno di contenere le emissioni e limitare il riscaldamento globale "ben al di sotto dei 2°C" rispetto all'epoca preindustriale.
Nel periodo precedente l'accordo, più di 180 Paesi, responsabili di oltre il 90% delle emissioni globali, avevano presentato piani dettagliati per la riduzione delle emissioni di CO2. Secondo la Breakthrough Energy Coalition, le imprese, che hanno già promesso miliardi di dollari per la ricerca energetica e lo sviluppo, sono alla ricerca di meccanismi di mercato in grado di ridurre le emissioni attraverso un'adeguata politica globale di fissazione del prezzo delle emissioni di carbonio. Le previsioni dell'accordo per la mobilitazione della finanza pubblica e (si veda Fig. 1) dovrebbero incoraggiare tali imprese a investire ancor più nella lotta contro il cambiamento climatico. In altre parole, il cammino che ha portato a Parigi è stato tanto significativo quanto lo stesso accordo universale, che certamente accelererà la transizione a un'economia a basso tenore di carbonio.
Le imprese più penalizzate saranno le utility dell'elettricità che rappresentano circa il 50% delle emissioni energetiche globali, ma anche i settori ad alto tenore di carbonio come le industrie petrolifere, minerarie, del trasporto, dell'edilizia e talune industrie pesanti. In tali settori, le società che riusciranno a sviluppare tecnologie e prodotti più puliti ed efficienti saranno in grado di differenziarsi dalla concorrenza e attrarre gli investimenti.
(…) le società che riusciranno a sviluppare tecnologie e prodotti più puliti ed efficienti saranno in grado di differenziarsi dalla concorrenza e attrarre gli investimenti.
Esistono diversi modi per gli investitori di trarre vantaggio dalla transizione a una economia a basso tenore di carbonio. I fondi che investono in energia pulita sono naturalmente una buona fonte di diversificazione. Gli investitori possono anche ridurre l'esposizione dei propri portafogli core ai settori ad alta intensità di carbonio, come quello minerario e di generazione di energia tramite petrolio e carbone. Alcuni investitori optano per un approccio più radicale escludendo completamente i combustibili fossili. Gli investitori fixed income possono anche ridurre l'esposizione a Paesi o regioni che dipendono in maggior misura dai combustibili fossili, privilegiando invece le obbligazioni verdi.
Dalla transizione a un'economia a basso tenore di carbonio emerge anche la domanda di parametri di misurazione dell'esposizione a asset ad alta intensità di carbonio e più puliti. L'impronta di carbonio che quantifica l'intensità di carbonio di un portafoglio di investimento e le relative emissioni acquista ora una maggiore importanza. Tuttavia, si tratta di un parametro ancora in fase di definizione, sicché ulteriori miglioramenti metodologici dovrebbero rendere i risultati comparabili nel tempo e fra le diverse strategie d'investimento. Società di ricerca sulla sostenibilità quali MSCI ESG, Trucost, InRate e South Pole Carbon hanno sviluppato diversi parametri rivolti agli investitori istituzionali che desiderano strumenti per capire, misurare e gestire i rischi correlati al carbonio in portafoglio[2].
A tale proposito, la nuova legislazione francese che prevede la comunicazione da parte degli investitori istituzionali dell'impronta di carbonio in portafoglio è un passo nella giusta direzione.
Agenzie di rating come Standard & Poor’s cominciano ad esplorare l'impatto potenziale del cambiamento climatico sul rischio sovrano. Anche un contesto normativo più stringente potrebbe contribuire a standardizzare questo processo. A tale proposito, la nuova legislazione francese che prevede la comunicazione da parte degli investitori istituzionali dell'impronta di carbonio in portafoglio è un passo nella giusta direzione.
Il cambiamento climatico induce anche l'investitore a pensare a quanto sia vulnerabile il proprio portafoglio di fronte a eventi atmosferici estremi quali un'ondata di calore, un'inondazione improvvisa o la siccità. Nel medio-lungo periodo, un clima più mutevole potrebbe continuare a pesare sull'industria assicurativa, già duramente colpita dagli eventi atmosferici estremi. Nel settore assicurativo, infatti, le perdite e i sinistri correlati agli eventi atmosferici sono quadruplicati dagli anni '80 del secolo scorso raggiungendo quasi 200 miliardi di dollari USA all'anno. Gli investitori potrebbero anche indagare la possibilità di aumentare l'esposizione alle infrastrutture resilienti agli eventi climatici estremi, quali gli argini anti inondazione e gli immobili costruiti ad hoc.
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