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Marzo 2018
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La Cina getta un'ombra sui mercati

Nonostante il timore per l'accelerazione dell'inflazione negli Stati Uniti il principale motivo di preoccupazione per gli investitori dovrebbe essere il rallentamento della crescita economica cinese.

01

Asset allocation: preccupazione per gli scivoloni della Cina

La vendita massiccia che ha scosso i mercati azionari globali all'inizio di febbraio è stata ampiamente imputata ai segnali di un possibile surriscaldamento dell'economia statunitense. È tuttora un rischio, ma non è la ragione principale per la quale non siamo attirati dalle prospettive a breve termine per le azioni. Il nostro primo pensiero è la Cina. In questo Paese, la crescita economica è in rallentamento, in quanto le autorità di Pechino hanno nuovamente tentato di sgonfiare la bolla del credito. Fino ad ora, grazie ad una robusta domanda di esportazioni cinesi, l'inasprimento della politica monetaria non ha fatto grandi danni. Ma se, come sembra probabile, il ritmo di crescita del credito rallenterà ulteriormente e il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump emanerà ulteriori misure protezionistiche contro la Cina, le prospettive per i mercati emergenti e il resto dell'economia globale appariranno meno rosee rispetto ad alcuni mesi fa.

E a frenare le azioni potrebbe essere anche un cambiamento nelle condizioni monetarie nel mondo sviluppato. Sebbene un esempio estremo, la Cina non è l'unico Paese che sta riducendo gli stimoli. Negli Stati Uniti, il nuovo Presidente della Federal Reserve, Jay Powell, ha utilizzato il suo primo intervento davanti al Congresso per suggerire che il ritmo degli aumenti dei tassi potrebbe aumentare nel 2018, in quanto la crescita economica e l'inflazione stanno acquisendo vigore. Lo stesso pare valere per il Regno Unito. E mentre la Bank of Japan e la Banca Centrale Europea per il momento mantengono il quantitative easing, entrambe sono convinte di limitarlo nel corso dell'anno.

Tuttavia, non ci sono solo notizie negative per i mercati azionari. Infatti, la vendita massiccia di febbraio ha fatto scendere i multipli di P/E verso livelli più interessanti. Tutto ciò considerato, abbiamo deciso di mantenere una posizione neutra sulle azioni.

Altrove, la diminuzione dello stimolo delle banche centrali è una minaccia maggiore per il mercato del reddito fisso. Rimaniamo sottopesati sulle obbligazioni, preoccupati del fatto che i mercati europei in particolare non hanno ancora preso in considerazione la prospettiva di una fine delle politiche monetarie ultra-accomodanti. 

griglia mensile dell’asset allocation
Marzo 2018
GRIGLIA MENSILE DELL’ASSET ALLOCATION
Fonte: Pictet Asset Management

I nostri indicatori del ciclo economico mostrano che l'espansione economica sta rallentando.

Mentre gli Stati Uniti rimangono in ottima forma – la disoccupazione è prossima al livello minimo dagli anni Sessanta e prevediamo che la produzione cresca del 2,8% quest'anno rispetto alla stima precedente del 2,6% – la Cina si dirige nella direzione opposta.

L'attività del settore manifatturiero nazionale è calata lo scorso mese al ritmo più veloce dal 2011, secondo l'indice PMI dei direttori degli acquisti. E questo rallentamento non è limitato alla Cina. Il nostro indicatore anticipatore per i mercati emergenti e quello globale hanno perso un po' di terreno negli ultimi due mesi, seppur partendo da livelli molto robusti. 

I nostri indicatori di liquidità indicano che gli stimoli monetari sono stati costantemente drenati dal sistema finanziario. Nel nostro modello, le politiche delle banche centrali sono di stimolo quando la domanda di denaro cresce ad un ritmo superiore a quello della produzione industriale.Questo differenziale, che abbiamo riscontrato avere una correlazione positiva con i multipli degli utili delle azioni, è adesso al livello minimo degli ultimi sette anni, ad indicare che i rapporti P/E potrebbero contrarsi di 5-10% nel 2018 (si veda grafico). E potrebbe contrastare qualsiasi accelerazione potenziale negli utili societari.

Paura della liquidità?

Condizioni di liquidità più restrittive potrebbero gravare sui multipli di utili delle azioni

liquidità in eccesso
* Aggregato monetario G3 meno il valore della crescita della produzione industriale interna (indice dei prezzi alla produzione in volume) negli ultimi 6 mesi (ponderato in base al PIL). Dati P/E ricavati dall'indice MSCI World. Fonte: Thomson Reuters Datastream, dati relativi al periodo 01.06.2014 - 28.02.2018. 

La vendita massiccia di febbraio ha portato le valutazioni a livelli più interessanti per alcuni mercati azionari e obbligazionari. Ma le azioni statunitensi continuano a disporre di quello che a nostro avviso è un premio eccessivo rispetto alle azioni europee: il divario nei rispettivi rapporti prezzo-valore contabile è attualmente al livello massimo dal 1993 (3,5 rispetto a 1,7). Il recente aumento dei rendimenti obbligazionari, nel frattempo, ha dato vita ad interessanti opportunità nel debito governativo USA a scadenze più lunghe (si veda la sezione sul reddito fisso).

I nostri indicatori tecnici forniscono un segnale neutro per le azioni, ma anche un chiaro segnale "vendere" per le obbligazioni dei mercati sviluppati. Le nostre previsioni sul dollaro USA, invece, suggeriscono che la valuta potrebbe essere vicina ad un rimbalzo. Ciò perché gli investitori professionali hanno ampiamente privilegiato la creazione di posizioni corte sul dollaro, uno squilibrio di posizionamento che limita la portata di ulteriori flessioni delle valuta.

02

Regioni e settori: i titoi statunitensi sono più convenienti, ma non costituiscono un affare

 

Questa tempesta che si è abbattuta sui mercati a febbraio, ha contribuito ad eliminare parte della schiuma depositata sulle valutazioni azionarie. A seguito della vendita massiccia, il rapporto P/E per le azioni USA è sceso a 17 x da 18,8 x a fine gennaio. Tuttavia, il fatto che il mercato sia meno caro non significa che sia conveniente o addirittura che abbia un valore interessante. 

Le valutazioni delle azioni statunitensi sono ancora elevate

Rapporto di P/E a termine su 12 mesi: Azioni MSCI USA rispetto ad

azioni MSCI non USA
Rapporto prezzo/utili USA a termine su 12 mesi rispetto al resto del mondo. Fonte: Thomson Reuters Datastream. Dati relativi al periodo 27.02.1998 - 27.02.2018

Gli Stati Uniti sono ancora di gran lunga la regione più costosa tra le principali nel mercato azionario globale, in base ai nostri modelli. Infatti, considerati i suoi ultimi 20 anni di storia, offre oggi valutazioni peggiori rispetto a tre mesi fa.

Ancora più preoccupante, questa situazione si verifica in un momento in cui le previsioni degli analisti sugli utili societari paiono decisamente ottimistiche. Le stime di consenso indicano un aumento degli utili in crescita del 19% quest'anno, un ritmo che in base alla nostra ricerca si è verificato solo quando l'economia cresceva ad un ritmo nominale del 5,9% annuo, ossia con un clamoroso dato di 1,5 punti percentuali oltre il tasso attuale. Per questo motivo riteniamo che, tranne che per un significativo deprezzamento del dollaro, la crescita degli utili difficilmente ci regalerà sorprese positive. E, sulla base delle recenti reazioni di mercato, le società i cui utili non sono soddisfacenti potrebbero essere fortemente penalizzate dai prezzi delle azioni. Aggiungiamo al mix i tassi d'interesse in crescita, e le ragioni di una posizione sottopesata sulle azioni statunitensi ci paiono decisamente numerose. 

Altrove nel mondo sviluppato, le azioni giapponesi paiono più interessanti  non solo rispetto alle omologhe statunitensi, ma anche a quelle europee in termini sia di valutazioni che di prospettive di crescita nel breve termine. Mentre l'economia giapponese continua ad accelerare, sospinta in parte dalla domanda d'oltreoceano di esportazioni. Gli indicatori anticipatori europei, benché solidi – stanno iniziando a stabilizzarsi. Crediamo che si tratti almeno in parte di una tendenza temporanea, indotta dal fatto che i sondaggi sul sentiment delle aziende e dei consumatori europei sono tradizionalmente più sensibili ai picchi di volatilità di mercato, come quelli registrati all'inizio dell'anno. Ciononostante, riteniamo che vi siano sufficienti ragioni per ridurre il sovrappeso in Europa.

A livello settoriale, crediamo che le azioni cicliche abbiano ancora spazio per un apprezzamento prima che rendimenti obbligazionari maggiori e un'inversione del ciclo economico riportino il sentiment a favore dei titoli difensivi. I finanziari rimangono la nostra scelta privilegiata, per via della capacità delle banche di beneficiare di tassi d'interesse maggiori.

Intravediamo opportunità negli energetici e nei titoli legati ai materiali e, sul fronte difensivo, nei titoli sanitari. Per contro, siamo cauti sui beni di consumo discrezionali e sui titoli industriali, i due settori più costosi nel nostro universo. Siamo anche sottopesati su due settori difensivi (servizi di pubblica utilità e beni di consumo di base) che non sono abbastanza convenienti e hanno prospettive di utili scadenti, per via di margini in flessione. Questi titoli tendono anche a risentire più di altri dell'aumento dei rendimenti obbligazionari.

03

Reddito fisso e valute: le crepe si allargano nell'high yield

Le crepe nel mercato obbligazionario high yield iniziano ad allargarsi. Pressioni inflazionistiche in aumento e la supposizione che la Fed potrebbe accelerare il ritmo degli aumenti dei tassi d'interesse hanno incoraggiato gli investitori a ridurre le posizioni sul debito di categoria speculativa nelle scorse settimane. In base ai dati di EPFR, oltre 10 miliardi di dollari sono stati prelevati dal mercato high yield nella settimana chiusa al 14 febbraio, pari a circa il 2% degli attivi netti, uno dei prelievi settimanali maggiori finora registrato. 

Ciononostante, lo sconto al quale il debito high yield viene scambiato rispetto alle obbligazioni governative, ossia lo spread di rendimento, è rimasto incredibilmente stabile. A nostro avviso, ciò significa che la vendita massiccia non è ancora finita. C'è ancora spazio per l'ampliamento degli spread, in quanto sono cresciuti solo fino a circa 350 punti base, un livello raggiunto l'ultima volta appena due mesi fa.1 Il debito high yield statunitense e quello europeo sono entrambi ancora costosi secondo il nostro metro di valutazione, il che significa che sono particolarmente vulnerabili a qualsiasi ulteriore restringimento della politica monetaria.

non più giustificato dai fondamentali
Il premio di rendimento statunitense rispetto alla Germania è troppo elevato, considerato il buono stato di salute della crescita economica europea
Valute FI

Fonte: Thomson Reuters Datastream. Dati relativi al periodo 31.03.1998 - 27.02.2018.

Sebbene le obbligazioni high yield paiano costose, lo stesso non si può dire dei Treasury USA. I Treasury a dieci anni attualmente rendono circa il 2,9%, più o meno 90 punti base in più rispetto al livello minimo del 2017. Si tratta di un'impennata significativa, dato che ha ridotto il differenziale tra i rendimenti del Treasury USA a 10 anni e il tasso di crescita del PIL nominale ad un livello inferiore a 20 punti base, il livello minimo dal 2010  un segnale che i prezzi dei Treasury si sono adeguati a sufficienza per riflettere i cambiamenti del ciclo economico. 

Si tratta di un'indicazione "comprare" particolarmente forte per il debito a più lunga scadenza. Inoltre, i Treasury hanno valutazioni interessanti rispetto alle obbligazioni omologhe europee. Lo spread di rendimento tra i Treasury e i Bund a 10 anni è cresciuto a livelli che non si vedevano da almeno 20 anni, un divario difficile da giustificare in assenza di grandi differenze nel tasso di crescita delle due economie (si veda il grafico).

Per quanto riguarda le valute, abbiamo aumentato la nostra esposizione ai titoli denominati in yen. La tendenza della valuta ad apprezzarsi in periodi di incertezza economica la rende un'ottima copertura dalle improvvise esplosioni della volatilità di mercato, come quella di inizio febbraio.

04

Panoramica dei mercati globali: le azioni vacillano

Febbraio si potrebbe rivelare il mese più crudele per le azioni, in quanto tutti i principali mercati azionari sono entrati in territorio negativo. La correzione quasi universale è stata scatenata dal timore che l'inflazione statunitense potesse impennarsi e, di conseguenza, che la Fed avrebbe applicato in modo più aggressivo il restringimento della politica monetaria rispetto a quanto supposto in precedenza. Questa situazione ha anche spinto al ribasso i prezzi dei Treasury, con il rendimento del titolo decennale che ha sfiorato il 3,0%, un livello mai raggiunto dalla fine del 2013.

Le perdite sono state amplificate dall'improvviso sviluppo delle posizioni che avrebbero dovuto beneficiare di una volatilità contenuta dei mercati; gli investitori sono diventati troppo compiacenti rispetto alle prospettive di stabilità dei mercati azionari.

I mercati azionari statunitense e giapponese hanno perso oltre il 3% nel mese in valuta locale, mentre i titoli dell'Eurozona hanno registrato perdite marginalmente maggiori. Le azioni svizzere sono state duramente colpite e hanno perso quasi il 5%. Anche i titoli dei mercati emergenti sono stati penalizzati, lasciando sul terreno circa il 4%. La maglia nera spetta ai titoli dei Paesi asiatici emergenti.

A livello settoriale, gli energetici, colpiti dal crollo dei prezzi del petrolio e gli immobiliari hanno subito una sonora batosta, con una perdita per entrambi di oltre il 6%. Il settore IT ha offerto la migliore performance, riuscendo a limitare le perdite ad un modesto 1% nel mese.

Brusca correzione: Azioni in ribasso in un mese volatile, mentre salgono i rendimenti obbligazionari
sezione di mercato

Fonte: Thomson Reuters Datastream. Dati relativi al periodo 27.02.2017 - 27.02.2018.

Sul fronte del reddito fisso, il credito corporate ha ottenuto risultati di tutto rispetto in confronto alle azioni. Le obbligazioni investment grade e high yield dell'Eurozona continuano ad essere sostenute dal programma di acquisto di attivi della BCE. I mercati obbligazionari corporate europei sono rimasti praticamente invariati nel mese, mentre il segmento high yield ha perso meno dell'1%. Tuttavia gli omologhi statunitensi hanno sofferto parecchio.

Analogamente, le obbligazioni sovrane hanno dato prova di una certa resilienza; infatti solo quelle statunitensi hanno registrato perdite significative nei mercati sviluppati, perdendo quasi l'1% nel mese. Le obbligazioni sovrane di Eurozona, Giappone e Regno Unito hanno tutte registrato un leggero rialzo a livello locale, favorite in parte dal deprezzamento delle loro valute rispetto al dollaro. Il biglietto verde ha guadagnato terreno rispetto a molte delle principali valute, a parte lo yen giapponese.

Le obbligazioni denominate in dollari e in valuta locale dei mercati emergenti sono state quelle più penalizzate dopo una lunga e forte corsa che ha reso entrambi i mercati costosi e vulnerabili ad un rimbalzo del dollaro.

05

In breve

Marzo 2018

Asset allocation

Gli interrogativi sulle prospettive economiche cinesi ci rendono più cauti sulle previsioni per le azioni globali.

Settori e regioni

Abbiamo ridotto il sovrappeso sull'Europa e rimaniamo cauti sui titoli statunitensi, malgrado la recente correzione. 

Reddito fisso e valute

Rimaniamo sottopesati su debito high yield, sia negli Stati Uniti che in Europa. Attualmente la posizione sui Buoni del Tesoro giapponese è neutra, e sovrappesata sullo yen.