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Acquistare uno strumento finanziario su un mercato rivendendolo poi su un altro mercato per sfruttare le differenze di prezzo e ottenere un profitto. È questo quello che viene definito arbitraggio.
A differenza della speculazione, che poggia sulle differenze di prezzo di uno stesso bene in tempi diversi ma sullo stesso mercato, l’arbitraggio sfrutta le differenze di prezzo in luoghi e mercati differenti. Il guadagno dell’investitore si ottiene quindi dalla differenza di prezzo tra il prezzo di acquisto più basso e il prezzo di vendita più alto.
I mercati finanziari sono in evoluzione costante, a causa dei diversi movimenti di domanda e offerta che si riflettono sul cambiamento del prezzo dei singoli asset finanziari. Questo può portare a delle imperfezioni, per cui lo stesso asset può essere collocato su diversi mercati di scambio con prezzi differenti nello stesso momento. Su questo si basa, appunto, l’arbitraggio.
Facciamo un esempio semplificato. Supponiamo che le azioni A siano scambiate a un prezzo di 10 euro alla Borsa di Milano. La stessa società è quotata da London Stock Exchange, dove le azioni A sono scambiate a 11,50 euro. Aprendo una posizione per acquistare asset a Milano e una per rivendere asset a Londra, il profitto è di 1,50 euro per azione. In questa operazione, va tenuto conto però anche dei costi per effettuare la transazione, come le eventuali commissioni di compravendita.
Un altro esempio può essere fatto anche con i beni di comune utilizzo come la benzina. Se a Roma la benzina costa meno rispetto a Milano, si può comprare a Roma e rivendere a Milano, ottenendo un guadagno.
Solitamente, però, le condizioni di disallineamento dei prezzi che danno origine alle opportunità di guadagno sono destinate a durare soltanto per brevi istanti. I margini di manovra sono quindi di solito molto ridotti. L’aumento di domanda, infatti, farà aumentare il prezzo della benzina a Roma, mentre l’aumento di offerta lo farà diminuire a Milano.
L’attività di chi fa arbitraggio, dunque, tende a riportare rapidamente i prezzi verso livelli di equilibrio, consentendo di fatto ai mercati di diventare più efficienti.Con le innovazioni tecnologiche e la digitalizzazione dei mercati, però, questo tipo di inefficienze di mercato sono oggi sempre più rare. I mercati finanziari sono veloci e interconnessi e le differenze di prezzo non si verificano spesso.
L’arbitraggio puro, quello che trae vantaggio dalle inefficienze del mercato, sfruttando due asset negoziati a prezzi differenti, è quindi sempre più difficile da attuare. I disallineamenti sui prezzi sono molto meno frequenti. Chi vuole effettuare l’arbitraggio sa che è più facile trovare inefficienze ad esempio sui mercati nuovi, come quello delle criptovalute ad esempio.
Diverso è lavorare sull’arbitraggio tramite M&A, Mergers and Acquisitions, fusioni e acquisizioni. Si tratta di quel tipo di arbitraggio che viene messo in pratica quando una società è in fase di acquisto. Quando una società decide di comprarne un’altra quotata, la prima paga alla seconda un prezzo per azione di solito superiore a quello quotato in quel momento in Borsa. È quello che viene definito come “premio di acquisizione”. Così, quando la notizia dell’acquisizione diventa pubblica, entra in gioco l’arbitraggio, che fa leva tra il prezzo attuale e il prezzo più alto indicato nell’accordo di acquisizione.
Immaginiamo ad esempio che la società A abbia mostrato interesse ad acquisire la società B, impegnandosi ad acquistare tutte le azioni della società B a 5 euro l’una. La notizia porta diversi arbitraggisti a farsi subito avanti per comprare le azioni della società B a 50 centesimi in meno rispetto al prezzo stabilito dalla fusione, quindi pagandole 4,50 euro l’una. Supponendo di aver investito 450mila euro per comprare 100mila azioni e che dopo due mesi la fusione si realizza a 5 euro ad azione, le azioni comprate consentono di guadagnare 50mila euro. Se però la fusione non si dovesse concretizzare, le azioni di B crollerebbero e si andrebbe incontro a una perdita. Si tratta quindi di un meccanismo molto rischioso, di solito praticato da investitori esperti.
Infine, si parla anche di arbitraggio fiscale, nel caso in cui si sfruttino regolamentazioni fiscali vantaggiose localizzando, per esempio, una società nei cosiddetti paradisi fiscali con tassazioni più basse. Lo stesso discorso può essere fatto con la delocalizzazione di una azienda nell’ottica di avvantaggiarsi di un minor costo del lavoro: in questo caso si parla di arbitraggio di lavoro.
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