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Quando guardiamo ai consumi globali in cifre, i dati non sono confortanti. In tutto il mondo, vengono vendute ogni minuto quasi 1 milione di bottiglie di plastica, acquistiamo oltre 80 miliardi di nuovi capi di abbigliamento ogni anno e consumiamo 3,9 miliardi di tonnellate di cibo, un terzo delle quali va perso o sprecato. Cambiare direzione rispetto a questi numeri sembra un’impresa ardua, eppure ci sono segnali che il trend sta cambiando. Milioni di persone sono scese in piazza contro i cambiamenti climatici, la transizione verde è entrata nelle agende politiche di tutto il mondo e i consumatori chiedono sempre più azioni responsabili alle aziende e ai governi.
La prima tendenza che si registra è una sempre maggiore domanda da parte dei consumatori di informazioni chiare in merito alla sostenibilità dei prodotti che acquistano. Le aziende che forniscono dichiarazioni di sostenibilità chiare, responsabili e trasparenti possono ottenere un vantaggio competitivo.
Non solo per quanto riguarda gli alimenti. Soprattutto le generazioni più giovani sono infatti sempre più attente alla sostenibilità anche nei marchi della moda e dell’abbigliamento. Il concetto di circolarità è in aumento non a caso anche nel settore della moda, producendo articoli con materiali sicuri e rinnovabili costruiti per durare e riciclando vecchi vestiti.
Una nota dolente riguarda gli imballaggi. Sia che facciamo acquisti online o nel nostro negozio di alimentari locale, è difficile evitare di accumulare una scorta infinita di imballaggi inutili. Le ricerche mostrano però che i consumatori apprezzano gli imballaggi riciclabili o riutilizzabili. E impegni globali come l’iniziativa “New Plastics Economy” rappresentano passi significativi per le principali aziende che cercano di affrontare il problema dei rifiuti di plastica.
L’altro obiettivo che sta emergendo è anche quello di acquistare prodotti che durino quanto più a lungo, riducendo quindi gli sprechi. Sono state intraprese azioni a livello mondiale per rafforzare e proteggere i diritti dei consumatori, dalla legislazione sul “Diritto alla riparazione” a strumenti come il meccanismo di segnalazione “Trashed Too Fast” che offre ai consumatori un modo per segnalare prodotti che ritengono abbiano smesso di funzionare troppo presto.
Ma la richiesta di sostenibilità, come prevedibile, emerge anche nella mobilità, con la sempre maggiore crescita dei servizi di car e ride sharing, che riduce la necessità di possedere un’auto, soprattutto tra i più giovani. E dopo l’esperienza della pandemia, stanno crescendo gli acquisti di biciclette per spostarsi in città in modo sostenibile e a prova di contagio. Non solo: anche le compagnie aeree stanno provando a rispondere alle nuove esigenze dei consumatori con innovazioni tecnologiche che possano guidare l’industria verso una conversione sostenibile.
Secondo i dati appena pubblicati dal Forest Stewardship Council (FSC) Italia, ONG che promuove la gestione responsabile delle foreste, per il secondo anno di seguito nel nostro Paese si registra un +10% di aziende italiane con certificati attivi della cosiddetta “Catena di Custodia” (CoC): a fine 2020 erano 2.831, con oltre 3.500 siti produttivi coinvolti. “Registriamo un aumento della richiesta di materiale e prodotti di origine sostenibile”, spiegano dalla ONG. “Lo chiedono le aziende, impegnate a dimostrare il loro impegno per filiere trasparenti; lo vogliono i cittadini, sempre più disposti a premiare le realtà virtuose dal punto di vista sociale ed ambientale”.
E la richiesta maggiore arriva sempre più dai giovani consumatori, che pongono la sostenibilità come priorità nella scelta degli acquisti come dimostra uno studio dell’Università degli Studi di Perugia. La ricerca, pubblicata sulla rivista “Technological Forecasting and Social Change”, ha coinvolto gli studenti in un mercato simulato, calcolando la domanda, sotto forma di disponibilità a pagare, nei confronti di un modello di smartphone più rispettoso dell’ambiente (environmental friendly), inspirato ai principi dell’economia circolare della “durabilità” e della “riparabilità”, con informazioni verificabili attraverso l’uso della blockchain. È emerso che gli studenti sono disposti a pagare un prezzo più alto per questo tipo di prodotto, rispetto a uno dalle caratteristiche uguali ma non inspirato ai principi dell’economia circolare.
“Lo studio – spiegano i ricercatori – ha individuato gli studenti quali cittadini e consumatori della società del futuro, figlia della quarta rivoluzione industriale, che è attesa promuovere una radicale trasformazione socioeconomica; trasformazione inspirata allo sviluppo dell’economia circolare, della sostenibilità ambientale e della giustizia sociale”.
La Commissione europea, intanto, ha appena lanciato il suo nuovo “Green Consumption Pledge”, la prima iniziativa realizzata nell’ambito della New Consumer Agenda, che fa parte del Patto europeo per il clima.
L’obiettivo è quello di accelerare il contributo delle imprese a una ripresa economica sostenibile e di costruire la fiducia dei consumatori nelle prestazioni ambientali di aziende e prodotti. Le cinque aree principali di impegno sono le seguenti:
1. Calcolare l'impronta di carbonio dell’azienda
2. Calcolare l’impronta di carbonio dei prodotti di punta selezionati
3. Aumentare la vendita di prodotti o servizi sostenibili
4. Impegnare parte della spesa per le pubbliche relazioni aziendali nella promozione di pratiche sostenibili
5. Garantire le informazioni fornite ai consumatori in relazione all’impronta di carbonio dell’azienda e del prodotto
“Consentire ai consumatori di fare scelte ecologiche, questo è ciò che ci eravamo proposti di fare lo scorso autunno quando abbiamo pubblicato la New Consumer Agenda”, ha spiegato il commissario per la giustizia, Didier Reynders. “Per fare scelte consapevoli, i consumatori necessitano di maggiore trasparenza sull’impronta di carbonio e sulla sostenibilità dei prodotti”.
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