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Il 22 aprile si celebra l’Earth Day, la Giornata Mondiale della Terra. Una ricorrenza, nata negli Stati Uniti nel 1970 e ormai estesa a tutto il mondo per ricordare l'importanza del nostro pianeta e della sua biodiversità.
La Giornata Mondiale della Terra nasce poco più di un anno dopo l’incidente che – nel 1969 - riversò milioni di litri di petrolio nel mare al largo di Santa Barbara, in California. La catastrofe fece da collante a un movimento ambientalista che sfociò in eventi e manifestazioni coordinate, il 22 aprile del 1970.
È l'inizio di un movimento planetario, da una parte riconducibile alla ONG Earthday.org, con sede a Washington, dall'altra con un rete di organizzazioni nazionali. Come si legge sul sito Earth Day Italia, nel nostro Paese la Giornata della Terra “ha registrato in questi anni una crescita importante, raggiungendo picchi di partecipazione agli eventi live superiori alle 200.000 presenze, e di visibilità superiori ai 200 milioni di contatti media”.
La salvaguardia del pianeta passa dalla protezione della biodiversità. Spesso, infatti, l'attenzione è catalizzata dalle emissioni e dall'aumento delle temperature, senza badare troppo a una delle conseguenze più catastrofiche: l'estinzione di specie animali e vegetali.
L'Italia, in particolare, è caratterizzata - conferma l'ISPRA - da “un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo”. Un ricchezza dovuta alla grande varietà topografica e climatica che caratterizza il nostro Paese. Solo per fare alcuni esempi, sempre attingendo dai dati ISPRA, la flora italiana è costituita da circa 12.000 tra specie e sottospecie, mentre la fauna (marina, terrestre e d’acqua dolce) è stimata in oltre 60.000 specie.
Si tratta però di una ricchezza a rischio. Secondo le più recenti Liste rosse redatte dall'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, è vulnerabile o a rischio circa una specie di vertebrati su tre. E per la flora la situazione è ancora più severa.
Il ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica afferma che, “nonostante sia trascorso un trentennio dalla Convenzione sulla Diversità Biologica”, firmata a Rio de Janeiro nel 1992, “l’attuale tasso di estinzione è superiore da cento a mille volte rispetto alla media degli ultimi dieci anni”.
Sia l'Europa che l'Italia hanno varato una “Strategia per la biodiversità”, che nel nostro Paese ha un orizzonte fino al 2030 e definisce obiettivi e sistemi per la tutela di flora e fauna. Il PNRR, inoltre, nella Missione 2 cita la salvaguardia della qualità dell’aria e della biodiversità del territorio, stanziando per questi obiettivi 1,69 miliardi di euro.
Oltre alla finanza pubblica, anche gli investimenti privati possono contribuire alla salvaguardia del pianeta. Da una parte orientano l'allocazione delle risorse, premiando le imprese sostenibili; dall'altra possono usufruire - come ogni cittadino - della ricchezza offerta dalla biodiversità. Se il ruolo degli investimenti è piuttosto intuitivo per quanto riguarda l'allocazione dei capitali, meno immediato è il collegamento tra ritorno futuro e biodiversità.
Lo spiega FinBio, un progetto che – sin dal nome – unisce finanza e biodiversità, sostenuto da Pictet AM e ospitato dallo Stockholm Resilience Centre della Stockholm University. Secondo FinBio, la biodiversità è alla base di processi che “alimentano le nostre economie e la capacità di ottenere un ritorno sugli investimenti”: rigenerazione dei suoli, controllo dei parassiti, riciclo dell'acqua. “Quando queste funzioni non saranno più fornite, per gli esseri umani sarà impossibile prosperare”.
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