È l'inizio di una nuova era per l'investimento nel reddito fisso. Gli investitori stanno lentamente comprendendo il cambiamento significativo che abbiamo vissuto rispetto al decennio post crisi finanziaria globale caratterizzato da tassi di interesse pari a zero. Vale a dire che chi investe in obbligazioni e strumenti di credito può nuovamente aspettarsi di essere ricompensato. Ma, attenzione: a differenza del trend rialzista generazionale partito all'inizio degli anni 80, questa volta l'alta marea non salverà tutte le barche dalla secca. Queste complesse acque finanziarie richiedono un'attenta navigazione.
Con rendimenti obbligazionari superiori rispetto agli ultimi anni, gli investitori non devono più ricercare titoli di qualità per generare rendimenti come nei lunghi anni di politica di tassi di interesse ufficiali pari a zero. I mercati obbligazionari e del credito possono ancora far affidamento su introiti significativi che a loro volta forniscono un cuscinetto contro la volatilità.
Ma il rendimento non è l'unica fonte di guadagno offerto da questi strumenti. Esiste anche la possibilità di un considerevole apprezzamento del capitale col rallentamento del ciclo dei tassi di interesse, sebbene un probabile aumento della volatilità sul mercato richiederà un approccio di investimento attento e attivo. Di conseguenza, nei prossimi anni gli investitori scaltri dovrebbero essere in grado di generare dal reddito fisso rendimenti elevati a una cifra.
Nel 2023, l'approccio barbell ha funzionato bene per gli investitori. Ciò ha significato, da un lato, assumere posizioni sostanziali in strumenti del mercato monetario, sfruttando al massimo alcuni dei rendimenti a basso rischio più elevati disponibili da decenni. Dall'altro canto, gli investitori hanno allocato i loro budget di rischio in strumenti illiquidi ma ad alto rendimento come il credito privato.
Ora però, con la stabilizzazione dei tassi ufficiali e la flessione dei tassi di mercato, e con il rallentamento delle economie sviluppate, emergono opportunità più interessanti su tutto lo spettro di rischio: nel credito, nei titoli di emittenti sovrani e, non da ultimo, nei mercati emergenti, nonché nei mercati monetari e nei mercati privati (Fig. 1).
Tuttavia, sarà necessaria un po' di destrezza. A differenza dei cicli passati, gli investitori non potranno più accontentarsi di un approccio "buy and hold". Questo perché è improbabile che l'attuazione della politica monetaria volta alla stabilità si realizzi così fluidamente come ipotizzato dal mercato.
Ad esempio, il mercato è stato un pò troppo ottimista in merito a quanto velocemente e in che misura la Federal Reserve statunitense potrebbe tagliare i tassi quest'anno. L'inflazione si sta rivelando più persistente di quanto molti speravano, soprattutto nel settore dei servizi. E, in un mondo caratterizzato da livelli di debito pubblico molto elevati, i notevoli deficit fiscali sono destinati a mantenere una pressione al rialzo sui rendimenti.
Un percorso di politica monetaria caratterizzato da un ritmo lento di tagli dei tassi e da tassi terminali relativamente elevati potrebbe innescare una significativa volatilità dei tassi di interesse. La volatilità comporta una dispersione dei rendimenti tra le asset class e gli strumenti. E la dispersione crea un panorama che favorisce gli investitori ben informati, che sono quindi in grado di generare extra-rendimenti con l'impiego di metodi di analisi e di informazioni dettagliate.
Sono soprattutto le obbligazioni dei mercati emergenti (ME) ad essere destinate a rappresentare un'importante, seppur trascurata, fonte di extra-rendimenti nei prossimi anni. Sebbene i rendimenti dell'asset class nel 2023 siano stati compressi dalle forti oscillazioni dei rendimenti obbligazionari dei mercati sviluppati e dalla deludente ripresa della Cina, ci sono diverse ragioni per essere ottimisti per il prossimo anno.
Innanzitutto, la volatilità, che ha colpito anche le obbligazioni sovrane più sicure, dovrebbe sfatare il mito secondo cui i mercati sviluppati sono sinonimo di stabilità e quelli emergenti di volatilità.
In secondo luogo, la Cina è diventata meno centrale che in passato per il mercato. Certo, i mercati emergenti in senso più ampio guardano alla Cina come un interlocutore importante dal punto di vista economico - la Cina è una grande fonte di domanda per il sud-est asiatico e di entrate connesse al settore turistico - ma con lo sviluppo di queste economie, la domanda interna è diventata un motore di crescita sempre più significativo. Ciò, a sua volta, ha attirato investimenti diretti dall'estero.
Infine, sebbene vi siano differenze tra i vari mercati, le banche centrali dei mercati emergenti sono state in gran parte più rapide e aggressive nel far fronte all'impennata inflazionistica post-pandemia. Quindi, mentre le banche centrali dei mercati sviluppati attendono ancora un allentamento, questo è già in atto in tutte le economie emergenti. Tale situazione, insieme alla crescente propensione all'investimento a livello interno, ha reso il debito locale dei mercati emergenti sempre più attrattivo.Gli investitori si sono talmente abituati alla mancanza di dispersione dei rendimenti nel reddito fisso e all'assenza di rendimento in generale durante gli anni di quantitative easing e tassi di interesse pari a zero che i prodotti passivi indicizzati sono diventati sempre più allettanti. Dopotutto, con extra-rendimenti difficili da ottenere, un'attenzione rivolta alla riduzione dei costi restava la sola alternativa possibile.
Ma non è più così. Rendimenti più elevati e una notevole dispersione del mercato rendono molto più vantaggioso un approccio di investimento attivo. Quando la differenza in termini di risultati è tra rendimenti del 4-5% e rendimenti dell'8-9% o persino superiori, la differenza in termini di costi tra gli stili passivi e attivi diventa meno importante.
Per gli investitori si tratta di un nuovo mondo, caratterizzato da un'inflazione più volatile e, di conseguenza, da maggiore volatilità dei tassi di interesse.
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