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Il 13 dicembre si riunirà il Consiglio direttivo della BCE. Sarà una data storica perché dovrebbe sancire ufficialmente la fine del Quantitative Easing. Terminerà la fase più intensiva dell'allentamento quantitativo, volto ad acquistare titoli di Stato per sostenere la domanda e ridurre gli interessi sul debito. Una (parziale) ritirata di Francoforte potrebbe avere effetti sui titoli di Stato e (di conseguenza) su deficit e debito.
C'è la teorica possibilità che la BCE, visti gli ultimi segnali da inflazione (tutt'altro che esasperata) e crescita (ancora zoppicante), prolunghi il Quantitative Easing. È un'ipotesi di fantafinanza. Sia perché Draghi ha già tracciato l'agenda lo scorso giugno, sia perché sarebbe un segnale di sfiducia troppo forte. Con il rischio di sortire l'effetto contrario alle intenzioni. Quali sono, allora, gli scenari e gli effetti più realistici? Dopo aver diminuito l'acquisto dei titoli (da 30 a 15 miliardi al mese), Francoforte li azzererà a partire da gennaio. La BCE non sparirà di colpo: reinvestirà il capitale dei bond a scadenza. E lo farà “a lungo dopo la fine degli acquisti netti, e in ogni caso per tutto il tempo necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario”. I Paesi dell'UE, quindi, continueranno ad avere il supporto dell'Eurotower, per quanto più blando rispetto a quello degli ultimi anni.
La BCE è stato un grande accumulatore di titoli di Stato. Quale sarà l'effetto della sua “ritirata” sull'Italia? Difficile prevedere tutte le conseguenze. È certo però che, senza l'intervento dell'Eurotower, i singoli Paesi dovranno reperire tra i privati una quota maggiore di risorse. Secondo quanto stimato dall'Ufficio parlamentare di bilancio, a partire dal 2015 il rifinanziamento del debito “è stato indubbiamente facilitato dagli acquisti di titoli da parte della BCE sul mercato secondario”. Il reinvestimento dei titoli in scadenza nel 2019 dovrebbe avere un importo simile a quello registrato nel 2018. Cioè 21 miliardi. Con il progressivo rallentamento del Quantitative easing, però, “il mercato dovrà assorbire quote maggiori di titoli”: nel 2016 la Banca centrale europea ha acquistato titoli per un ammontare pari al 45% delle nuove emissioni a medio e lungo termine. Nel 2018 la quota scenderà al 24% e nel 2019 al 9,5%. Tradotto in euro: il rifinanziamento dei titoli a medio e lungo termine da parte dei privati passerà dai 165 miliardi del 2017 ai 201 del 2019. Senza una fetta della domanda di titoli sul mercato secondario, il rischio maggiore è che riemergano con forza le pressioni sui Paesi più esposti. Tra i quali l'Italia.
Se il calendario del Qantitative Easing sembra definito, il 13 dicembre potrebbe svelare nuove misure (per quanto sia più probabile riservarle per i mesi a venire). Vista la possibile svalutazione dei titoli di Stato, la BCE potrebbe varare un nuovo Tltro (targeted longer term refinancing operation), cioè una nuova emissione di liquidità a costo agevolato e con scadenza di medio lungo termine. In sostanza Francoforte presta, in asta, alle banche denaro a condizioni vantaggiose, in modo da impedire che le svalutazioni dei titoli in portafoglio si traducano in una stretta creditizia.
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