La politica monetaria ha un notevole impatto sui rendimenti degli investimenti, indipendentemente dall'asset class. Ma prevedere l'andamento dei tassi d'interesse ufficiali è una sfida complessa. Questa considerazione è particolarmente valida ora, visto il dibattito sulla velocità e l'entità dei tagli dei tassi da parte degli Stati Uniti e dell'eurozona in seguito all'allentamento dell'inflazione.
La regola di Taylor è uno strumento utile per stimare la traiettoria dei tassi d'interesse. Se ne sente parlare da qualche decennio ormai, ma rimane uno dei migliori modelli per guidare la politica monetaria quando è in gioco la credibilità delle banche centrali. Il suo grande punto di forza è la sua semplicità. Essa stabilisce che i tassi di riferimento nominali dovrebbero avvicinarsi ai tassi di crescita del PIL nominale più o meno un coefficiente che misura lo scostamento dell'inflazione dall'obiettivo della banca centrale e l'andamento della crescita rispetto al suo trend a lungo termine.
Tuttavia, la semplicità di questa regola ha in sé dei limiti. Non da ultimo perché le banche centrali considerano numerosi altri fattori oltre alla crescita e all'inflazione. Abbiamo quindi elaborato la nostra versione modificata della regola di Taylor che riteniamo si adatti meglio alla realtà.
Il nostro modello suggerisce che quest'anno i tagli dei tassi negli Stati Uniti e nell'eurozona saranno inferiori a quanto previsto dalla tradizionale regola di Taylor, sebbene superiori a quanto attualmente prezzato dai mercati finanziari.1 Indica inoltre una stretta relativamente modesta da parte della Bank of Japan, la quale ha recentemente abbandonato la sua politica di tassi d'interesse negativi (NIRP).
L'economia statunitense si trova ora nelle ultime fasi del suo ciclo di espansione, con un rallentamento significativo dell'attività previsto per fine anno. Ciò fa pensare a tagli dei tassi d'interesse. È importante sottolineare che il rallentamento dell'economia statunitense non è tale da indurre un allentamento più aggressivo da parte della Federal Reserve, soprattutto in un contesto in cui l'inflazione rimane persistente e il mercato del lavoro gode di buona salute. In quest'ottica, il nostro modello rivela che il tasso target della Fed potrebbe essere limitato al 4,3% entro la fine del 2024, pari a un allentamento potenziale di circa 100 punti base. Si tratta di una serie di tagli inferiore a quella prevista dalla tradizionale regola di Taylor, nonostante superi i 60 punti base attualmente scontati dai mercati finanziari.
Anche per la Banca centrale europea, l'inflazione si colloca ancora in un range che storicamente è stato fonte di preoccupazione. Questo, come dimostra la nostra ricerca, dovrebbe significare un allentamento più moderato rispetto a quello indicato dalla tradizionale regola di Taylor, con il tasso di deposito che potrebbe chiudere l'anno al 2,3% rispetto all'attuale 4%. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i mercati stanno potenzialmente sottovalutando la possibilità di tagli, con livelli attuali che puntano a tassi appena superiori al 3% per la fine del 2024.
Per il Giappone, il nostro modello suggerisce che la Bank of Japan potrebbe aumentare i tassi allo 0,3% entro la fine dell'anno. Le considerazioni sui tassi di cambio - o più specificamente la prospettiva che gli aumenti dei tassi d'interesse provochino un forte apprezzamento dello yen giapponese - probabilmente impediranno una stretta più aggressiva.
L'eccezione è rappresentata dalla Svizzera. Sia la tradizionale regola di Taylor che la nostra versione modificata ipotizzano tassi superiori ai livelli attuali, il che suggerisce che il recente taglio dei costi di finanziamento non fosse del tutto giustificato, poiché la Banca nazionale svizzera non ha portato realmente a termine il suo processo di normalizzazione della politica monetaria nel 2023. La BNS ha indicato che le recenti decisioni di politica monetaria sono state prese in una prospettiva di gestione del rischio - in questo caso il rischio di non tagliare i tassi e consentire un possibile ulteriore apprezzamento del franco svizzero è stato ritenuto il più significativo. Questa divergenza tra la politica effettiva e il nostro modello potrebbe segnare una nuova era per la politica della BNS, poiché negli anni precedenti il rapporto tra i due era relativamente stretto.
Come siamo giunti alle nostre conclusioni?
Abbiamo iniziato cercando un modo per conciliare la regola di Taylor, che è un modello lineare, con la politica non lineare delle banche centrali. Pertanto, l'entità della risposta dei tassi d'interesse a una variazione di 50 punti base del tasso di crescita nominale varierà a seconda del livello effettivo di crescita. Ad esempio, la nostra analisi rivela che la Fed tende a reagire in modo più aggressivo se la crescita del PIL è superiore al potenziale con conseguenti rialzi dei tassi, rispetto a situazioni di crescita inferiore al potenziale che richiedono tagli dei tassi. E oltre alla crescita e all'inflazione ci sono altri fattori da considerare. Prendiamo ad esempio le conseguenze della pandemia di Covid. Secondo la regola di Taylor, la Fed avrebbe dovuto iniziare ad aumentare gradualmente i tassi nel 2021; invece, di fronte all'incertezza sulla ripresa economica post-pandemia, la banca centrale statunitense non ha aumentato i tassi fino a marzo 2022, muovendosi solo a seguito delle ricadute economiche della guerra in Ucraina che hanno provocato un'impennata dell'inflazione.
Ciò dimostra che non esistono due situazioni uguali a prescindere dai fondamentali economici sottostanti che potrebbero scatenare una diversa risposta politica ogni volta che si verificano.
Inoltre, le previsioni sulla crescita e sull'inflazione di solito integrano una serie di probabilità piuttosto che un singolo numero o parametro inequivocabile.
Poi ci sono i tassi di cambio esteri che hanno uno stretto rapporto con l'inflazione e quindi con la politica delle banche centrali. Ciò è meno significativo negli Stati Uniti, considerando che si tratta di un'importante economia relativamente chiusa e non particolarmente sensibile ai movimenti dei tassi di cambio. Questo aspetto è invece determinante per la BCE che storicamente tende a tagliare i tassi in modo aggressivo ogni volta che l'euro si apprezza di oltre il 2,5% al netto dell'inflazione.
La tradizionale regola di Taylor è una formula "approssimativa e pronta all'uso" che non tiene conto di nessuna di queste complicanze, come invece riteniamo dovrebbe fare per restituire risultati più accurati.
La nostra versione modificata della regola di Taylor adotta quindi un approccio non lineare e semiparametrico, poiché tiene conto delle oscillazioni valutarie e dell'interazione bidirezionale tra i tassi di cambio e l'inflazione.
Per il Giappone, le nostre modifiche includono una variabile che tiene conto dell'importanza dell'acquisto di asset nella politica monetaria; lo abbiamo fatto attraverso la crescita dell'offerta monetaria M4, che mostra la diffusione dell'acquisto di asset nell'economia più ampia. Storicamente, la Bank of Japan ha reagito in modo molto più aggressivo a situazioni di inflazione elevata e meno in situazioni di inflazione più bassa; inoltre ha teso a compensare qualsiasi crescita significativa in M4 con un inasprimento della politica.
Avendo costruito il nostro modello sulla base dei dati disponibili a partire dalla fine degli anni 80 (a seconda del paese specifico considerato), lo abbiamo sottoposto a test retrospettivi, i cosiddetti test "fuori campione", considerando il periodo compreso tra la fine del 2014 e il 2019, con un anticipo di quattro trimestri alla volta per verificarne l'efficacia. La nostra analisi ha dimostrato che, in media, la regola di Taylor modificata ha previsto la politica monetaria in modo più accurato rispetto al modello lineare originale, generando un errore quadratico medio (RMSE) inferiore. Questo valeva per gli Stati Uniti, l'eurozona, il Giappone e la Svizzera (si veda il grafico). È inoltre incoraggiante notare che il livello di errore è risultato modesto, inferiore a 1,2 per tutti e quattro i paesi.
Dopo aver analizzato i dati degli ultimi 30 anni, abbiamo scoperto che la specifica della regola di Taylor più adatta per le principali banche centrali sviluppate ed emergenti è un modello non lineare e semiparametrico2 che incorpora un termine di interazione tra inflazione e tasso di cambio e, nel caso del Giappone, un termine aggiuntivo di crescita dell'offerta monetaria M4.
Inoltre, la nostra analisi statistica fuori campione mostra che nella maggior parte dei casi un modello di questo tipo consente una previsione più accurata delle prossime decisioni sui tassi d'interesse da parte delle banche centrali in un contesto di dati in tempo reale rispetto alla tradizionale regola di Taylor lineare e parametrica.
Il nostro modello suggerisce tagli dei tassi meno aggressivi negli Stati Uniti e in Europa nel corso del prossimo anno, che riflettono un comportamento più prudente delle banche centrali e un ritmo di rialzo dei tassi più moderato in Giappone, rispetto a quanto previsto dalla regola originale. Tuttavia, per gli investitori l'aspetto fondamentale è che, pur tenendo conto delle complessità del comportamento delle banche centrali, i tagli negli Stati Uniti e in Europa saranno probabilmente più significativi di quanto attualmente scontato dai mercati. Ciò offre un'ulteriore dimensione su cui basare le decisioni in termini di valutazione e di investimento.
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