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L’evoluzione dei mercati finanziari da inizio anno è stata buona, con indici azionari in territorio ampiamente positivo e con la ripresa ciclica dell’economia frequentata dagli investitori attraverso diverse posizioni.
Dal punto di vista geografico sono molto positivi i risultati dei paesi emergenti, soprattutto nella componente asiatica, che guadagnano quasi dieci punti percentuali da inizio anno. La componente europea è stata invece maggiormente contrastata e soffre l’impatto negativo del rischio COVID-19.
Fabrizio Santin, Investment Manager di Pictet AM Italia
Esistono infatti due fronti aperti. Da un lato il rischio mutazioni e relativi dubbi riguardo i vaccini fino ad ora approvati, dall’altro l’aspetto legato all’andamento della campagna vaccinale che si è rivelata fallimentare ed espone l’Europa a tensioni nazionalistiche e protezionistiche, soprattutto nei confronti della Gran Bretagna.
L’Europa infatti ha vaccinato solo il 3% della popolazione adulta, contro il 12% degli Stati Uniti, il 17% della Gran Bretagna e il 40% di Israele. In questo contesto, l’incarico a Mario Draghi apre uno scenario positivo per gli asset maggiormente correlati al BTP. Nel medio-lungo termine, la formazione di una maggioranza guidata da Mario Draghi apre uno spazio di un ulteriore 30 basis points di restringimento dello spread. L’obiettivo potrebbe essere di 70 basis points, non lontano dal rendimento decennale spagnolo.
Negli Stati Uniti, il fenomeno più interessante osservato nel corso delle ultime settimane è stato lo short squeeze, ossia le coperture forzate su alcuni titoli a piccola-media capitalizzazione, come ad esempio Game Stop, che hanno conquistato le prime pagine dei giornali e spostato fortune per svariati milioni di dollari. Il braccio di ferro ha visto da un lato tanti trader retail coalizzati negli acquisti grazie all’utilizzo di piattaforme social come Twitter e WallStreetBets. Dall’altro lato hedge fund con posizioni ribassiste che hanno dovuto soccombere. Nella prima parte della corsa, il titolo è passato da 20 dollari di inizio anno a circa 480 dollari a inizio febbraio, imponendo perdite complessive agli hedge fund per svariate decine di miliardi di dollari, obbligando a liquidare anche altre posizioni lunghe per ridurre la leva finanziaria. Queste liquidazioni forzate hanno causato una correzione di quasi cinque punti percentuali sugli indici Standard & Poor's soprattutto per ragioni tecniche.
Una volta ripuliti gli eccessi di posizionamento, i mercati hanno rapidamente riconquistato nuovi massimi, anche coadiuvati da una stagione degli utili trimestrali delle società che, con un campione già significativo, vede utili in crescita di circa tre punti percentuali rispetto al quarto trimestre del 2019 e risultati più forti rispetto alle previsioni degli analisti in circa l’85% delle aziende che hanno riportato.
Le notizie che giungono dal fronte fiscale sono anch’esse incoraggianti. Nel corso del primo trimestre ci attendiamo il varo di un pacchetto fiscale aggiuntivo nell’ordine di almeno mille miliardi di dollari, pari a circa il 5% del PIL USA, che rinforza lo scenario di ripresa ciclica.
Nelle ultime settimane abbiamo osservato numerose revisioni al rialzo da parte degli economisti, che si attendono una crescita del PIL USA ben sopra i cinque punti percentuali nel corso del 2021, con un marcato miglioramento a partire dal secondo trimestre. Rispetto a due mesi fa, l’idea di un rimbalzo della crescita mondiale sincronizzata è invece meno forte ma pochi dubitano sulla crescita statunitense. Anche per questo motivo abbiamo incrementato tatticamente l’allocazione sul dollaro.
Oltre ai fondamentali favorevoli dalla parte del dollaro, c’è nel breve termine anche il posizionamento degli investitori che è estremamente consensuale nel sotto peso dollaro, all’interno dei portafogli previsti per il 2021. Pertanto, il dollaro può essere opposizione che protegge nelle fasi di correzione del mercato. Il rischio principale per chi gestisce portafogli all’interno dello scenario delineato fin ora è soprattutto legato ad improvvise fiammate inflazionistiche.
Le Banche Centrali, a partire dalla Fed, potrebbero essere indotte ad agire sui tassi reali mettendo pressione sugli attivi azionari. Si tratta probabilmente di uno scenario valido nella seconda parte dell’anno o nel 2022.
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