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Il secondo anno caratterizzato dalla pandemia ha visto l'economia tornare a correre e i mercati ancora sensibili alle notizie provenienti dal fronte sanitario. Sulla scena, però, è arrivata una nuova protagonista: l'inflazione, che ha orientato le scelte delle banche centrali. Ecco cosa è successo negli ultimi 12 mesi.
Impossibile non finire da dove tutto era cominciato. Il 2021 è stato un altro anno, il secondo, condizionato dalla pandemia. Niente lockdown integrale, ma il persistere dei “colori” regionali, di misure a sostegno della ripresa e l’arrivo del Green Pass per accedere liberamente ai servizi e per lavorare. Se il 2020 era stato l'anno della crisi profonda, quello che si sta chiudendo ha visto economia e mercati finanziari – indissolubilmente legati alla diffusione del virus – reagire all'altalena di notizie e dati. La campagna vaccinale ha fatto da scudo, mentre le varianti Delta e Omicron sono state (e sono) incognite non solo dal punto di vista sanitario. Il 2021 è stato anche l'anno della ripresa. L'Italia, in particolare, ha accelerato progressivamente, con l'Istat che – alla fine di novembre – ha ritoccato al rialzo le stime: il PIL dovrebbe essere in rialzo del 6,3%.
L'altra faccia della ripresa si chiama inflazione. Dopo anni carsici, l'incremento dei prezzi – alimentato dalla forte crescita – è tornato a essere un tema centrale. In un primo momento, Fed e BCE hanno preferito lasciar correre per paura che un irrigidimento della politica monetaria potesse bloccare il rimbalzo. Lagarde e Powell hanno, almeno fino all'autunno, etichettato l'inflazione come “temporanea”. Si è rivelata, però, più persistente del previsto, portando diverse Banche Centrali a rivedere (anche se in modo molto diverso) le proprie strategie. A dicembre la Fed ha accelerato il tapering e annunciato otto ritocchi dei tassi nei prossimi tre anni; la BoE – prima Banca Centrale dall'inizio della pandemia – ha alzando i tassi di interesse; la BCE ha ridotto gli stimoli legati all'emergenza COVID-19.
Il 2021 è stato particolarmente significativo per i cambi di leadership. All'inizio dell'anno si è insediato il nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. L'avvicendamento non ha riguardato solo il partito (da quello repubblicano a quello democratico) ma l'aspettativa di un cambiamento forte dopo la discussa presidenza Trump. Biden ha cavalcato la ripresa, ha varato un pacchetto da 1900 miliardi di dollari, ma ha affrontato la debacle in Afghanistan e non ha saputo smorzare – se non nei toni – le tensioni con la Cina.
Dall'altra parte dell'Atlantico, l'autunno ha visto l'ultimo giro di valzer di Angela Merkel: dopo 16 anni, la Cancelliera ha abbandonato la guida della Germania e il suo ruolo di principale leader politico europeo. A proposito di Ue e governi: in Italia è stato nominato presidente del consiglio l'ex presidente della BCE Mario Draghi.
Se il 2020 aveva visto la Cina sotto i riflettori come fonte primaria della pandemia, il 2021 l'ha vista al centro di tensioni economiche e finanziarie provenienti da più parti. La crescita è stata – seppur vigorosa – inferiore alle attese. È scoppiata la crisi del gigante dell'immobiliare Evergrande, che ha rischiato di portare a fondo l'intero settore, zavorrando l'economia del Paese.
Sul fronte finanziario, la SEC sta spingendo per una maggiore trasparenza delle società cinesi quotate a New York. Pechino, contraria, sta invitando alcune compagnie al delisting. Trump non è più alla Casa Bianca, ma Biden – pur usando modi meno frontali – non ha certo ammorbidito la sostanza, arrivando a dirsi pronto a difendere Taiwan in caso di aggressione da parte di Pechino.
La crisi dei chip ha inciso su molti settori, rendendo ancor più evidente un tema già da tempo sul tavolo: avere impianti produttivi esteri (spesso in Asia) espone intere filiere a rischi di approvvigionamento. Un problema industriale diventa così (anche) geopolitco.
I Bitcoin hanno vissuto un anno di (grandi) alti e bassi. Lo scorso gennaio ha superato per la prima volta i 40 mila dollari. Mentre la Cina ha annunciato l'ennesima stretta e le autorità americane continuano a guardare sempre più da vicino il mondo crypto, il prezzo si è arrampicato fino a 57.600 dollari prima di crollare a ridosso dei 30 mila. La prima criptovalute è poi ripartita, toccando – a novembre – un nuovo massimo storico, vicino ai 70 mila dollari. È stato il preludio a un ritracciamento vigoroso, con un calo attorno al 30%.
Continua quindi il dibattito sul futuro di Bitcoin: sarà un asset speculativo caratterizzato da grande volatilità o un bene rifugio nel lungo periodo? Di sicuro, in questo 2021 è tornato protagonista, sempre più legato alla finanza tradizionale, come dimostra – a ottobre – il lancio del primo ETF basato sul prezzo della valute digitale.
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